DAVIDE CONTRO GOLIA. Sembra un po’ questa la battaglia partita dall’ospedale Gallino di Pontedecimo (Genova), centro di riferimento ligure per le malattie ematologiche rare, contro lo spostamento in fascia di rimborsabilità C del busulfano, vecchio antitumorale ampiamente utilizzato per la cura delle leucemie croniche. Fino a metà marzo di quest’anno, il farmaco era in classe di rimborsabilità A e una scatola costava 15 euro. Con la determina 27 febbraio 2014, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 60 del 13 marzo 2014, l’Aifa decreta la riclassificazione della formulazione in compresse da 2 mg del farmaco (nome commerciale Myleran) in fascia C, al costo di ben 380 euro a scatola. Totalmente a carico del cittadino. Il busulfano, una vecchia gloria tra le terapie antitumorali in uso da oltre 50 anni, è un agente chemioterapico appartenente alla classe dei farmaci cosiddetti “alchilanti”, sostanze che esercitano un’azione tossica a livello cellulare (per questo sono definite citotossiche), provocando in tal modo la morte delle cellule neoplastiche. Questo medicinale è indicato per il trattamento preparatorio al trapianto di cellule staminali emopoietiche (le cellule progenitrici che generano le cellule del sangue), sia negli adulti sia nei bambini, e anche per il trattamento della leucemia mieloide e granulocitica cronica. Una scelta dai motivi poco chiari «Un farmaco antitumorale non può essere a pagamento, solo perché lo hanno deciso a Roma, senza comunicarlo preventivamente e senza spiegarne i motivi», ha tuonato il “Davide” di questa storia, Edoardo Rossi, direttore del Laboratorio di ematologia del Gallino. Rossi ha lavorato per lunghi anni al centro trapianti di midollo dell’ospedale San Martino ed è stato uno dei migliori allievi del professor Marmont nella lotta alla leucemia. Ora si è spostato in periferia e di fronte a quella che definisce testualmente «una grande ingiustizia», non ci ha pensato due volte: si è mobilitato e ha chiesto aiuto ovunque: alla direzione della Asl 3, all’assessorato alla Salute ed è arrivato persino all’Aifa. In effetti i motivi della scelta dell’ente regolatorio italiano dei farmaci non sono di facile comprensione leggendo la determina emanata. I problemi sembrano più che altro di natura economica e legati ad accordi con l’azienda produttrice del farmaco, non a problemi di sicurezza della molecola, che continua a essere dispensata in fascia A nella formulazione iniettabile. «Non ho ottenuto risposte chiare, ma non mi arrendo perché in ballo c’è la salute di una decina di persone anziane che ho in cura ha detto il medico -. Non possono curarsi perché il farmaco costa 380 euro a confezione, mentre fino a quattro mesi fa era in classe A e quindi mutuabile». Intervento della Giunta regionale ligure La voce di Rossi non si è persa come sabbia al vento: Antonino Oliveri, consigliere regionale di area Pd della giunta ligure ha presentato nei giorni scorsi una mozione al Consiglio regionale, approvata all’unanimità, di reinserire il farmaco antitumorale nella fascia rimborsabile dal Servizio Sanitario Nazionale. «Nonostante l’interessamento dell’Asl e della Regione, ad oggi la situazione è rimasta inalterata lasciando i pazienti che non si possono permettere l’intero accollo del costo del farmaco nella condizioni di non potersi curare – ha detto Oliveri -. Speriamo che ora questa presa di posizione del Consiglio regionale possa rafforzare l’azione nei confronti dell’Agenzia Italiana del Farmaco e del Ministero della Salute affinché il farmaco sia nuovamente inserito nella classe A di rimborsabilità da parte del Servizio Sanitario Nazionale». Speriamo insomma che Davide abbatta Golia, nel nome di un’equità sociale troppo spesso sacrificata sull’altare di un’economia piena di ombre e ben poco in luce. Leggi http://www.gazzettaufficiale.biz/atti/2014/20140060/sommario.htm