I sei mesi che ho passato all’Adnkronos Salute sono stati non solo una scuola di giornalismo senza eguali, ma anche un’esperienza di vita unica. Gran parte del merito è delle persone con le quali ho lavorato a stretto contatto. In particolare, la mia tutor Paola Olgiati e la mia collega Lucia Scopelliti sono l’esempio della professionalità nel campo del giornalismo. In un’Italia in cui a volte è difficile credere, e dove troppo spesso la meritocrazia sembra non essere il criterio con cui viene premiato chi di dovere, è bello vedere che ci sono persone che si trovano dove sono solo perché se lo meritano e se lo guadagnano giorno per giorno. E’ bello vedere che il sacrificio e la passione possono ancora portare da qualche parte se lo si vuole veramente.
Lavorare per un’agenzia di stampa di portata nazionale apre le porte alla comunicazione con realtà e personalità molto interessanti, soprattutto da un punto di vista professionale. Ho parlato di argomenti affascinanti con premi Nobel per la Medicina; ho chiarito dubbi esistenziali con i più quotati psicologi e psichiatri italiani; ho appreso la scienza da chi la fa e non da chi la divulga; ho divulgato io per prima notizie a cui forse qualcun altro non avrebbe dato lo stesso peso o angolazione; ho parlato delle ultime novità nel campo dell’oncologia con Umberto Veronesi; ho presidiato ospedali con i sindacalisti e ascoltato e riportato le loro ragioni, e quelle della controparte; mi sono messa nei panni di chi ha vissuto delle vere tragedie. In sei mesi ho vissuto più intensamente di quanto molte persone non facciano in una vita intera.
Ho imparato molto sui meccanismi che regolano il mondo dell’informazione, ho imparato a soppesare con criterio ogni singola parola, e mi è stato insegnato come individuare una notizia nascosta sotto fiumi di verbi, aggettivi e sostantivi. Mi sono sentita veramente stanca, è stato difficile in certi momenti, ma ho capito che a certi livelli c’è poco spazio per la stanchezza e nessuno per l’errore. E’ stato bellissimo.
Di tutto questo ringrazio Fondazione Bracco, UNAMSI e AdnKronos Salute
Attilia Burke