Pubblicato sul New England Journal of Medicine lo studio dei ricercatori milanesi guidati da Flora Peyvandi, cui UNAMSI nel 2014 conferì il Premio Grande Ippocrate
MILANO – Da un piccolo anticorpo una possibile terapia contro una malattia rara finora senza una vera cura, che si manifesta con micro-coaguli di sangue cerebrali che provocano cefalee, alterazione dello stato mentale, fino alle convulsioni e al coma.
La malattia si chiama Porpora Trombotica Trombocitopenica (PTT), colpisce una persona su 100 mila e spesso ha origine da un difetto del sistema immunitario. A studiarne le possibili cure è stato un gruppo di ricercatori del Policlinico e dell’Università di Milano guidato da Flora Peyvandi, del Centro Emofilia e Trombosi ‘Angelo Bianchi Bonomi’, che hanno firmato un studio appena pubblicato sul New England Journal of Medicine.
In molti casi di ictus o infarto – spiegano i ricercatori – il problema nasce da un trombo, ovvero un coagulo che blocca la circolazione del sangue e che può creare gravi danni, se non si interviene in tempo. In questo, la PTT è però una malattia ancora più subdola, perché qui i trombi sono tanti, si formano soprattutto nel cervello e sono abbastanza piccoli da non bloccare completamente i vasi sanguigni. Ma anche se non creano ictus, però, questi micro-trombi provocano problemi gravissimi.
La malattia uccide infatti 1-2 malati ogni 10, in genere entro 2 settimane dalla diagnosi: alcune volte può svilupparsi anche nel corso di una gravidanza o in seguito a delle infezioni. L’attuale terapia standard consiste nell’uso di farmaci che sopprimono il sistema immunitario e in sedute quotidiane di ‘plasmaferesi’ per purificare il sangue; nel 36% dei casi, però, i pazienti hanno ricadute, che possono causare ulteriore danno agli organi, anche a lungo termine.
Ma le cose potrebbero migliorare, almeno parzialmente, per i pazienti con PTT: i ricercatori del Policlinico, infatti, hanno appena concluso la fase II dello studio TITAN, con il quale hanno dimostrato che il piccolo anticorpo Caplacizumab, in aggiunta alla terapia standard, "agisce rapidamente nel controllare la fase acuta della malattia – spiega Flora Peyvandi, a cui proprio l’UNAMSI ha conferito nel 2014 il ‘Premio Grande Ippocrate’ per la qualità delle sue ricerche unita alla grande capacità divulgativa – e protegge i pazienti fino a che i trattamenti immunosoppressivi non comincino ad avere effetto. Il farmaco ha quindi il potenziale – sottolinea la ricercatrice – per diventare un nuovo importante componente nella cura standard dei pazienti con PTT acquisita".
I positivi risultati hanno già indotto i ricercatori a cominciare uno studio di fase III, puntando a far approvare l’utilizzo del Caplacizumab in Europa già nella prima metà del 2017.