Salvare il Servizio Sanitario Nazionale. L’impegno della Fondazione Gimbe

Intervista al Presidente Nino Cartabellotta

Presidente cosa rappresenta oggi, dopo anni di attività, la Fondazione GIMBE nel nostro Paese?Divulgazione scientifica, ricerca e formazione sono il cuore pulsante della Fondazione GIMBE sin dal 1996. Dal 2013 la nostra organizzazione indipendente ha un’ulteriore ambiziosa mission: salvare il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Crediamo infatti fermamente che, per quanto vicini al punto di non ritorno, sia ancora possibile non solo salvare, ma anche rilanciare il SSN. Per questo abbiamo da poco lanciato una rete civica nazionale, per diffondere a tutti i livelli il valore del SSN, come pilastro della nostra democrazia, strumento di equità e giustizia sociale, oltre che leva di sviluppo economico.
Un principio fondante dell’attività di GIMBE è l’evidenza scientifica che si riverbera sul complesso sistema sanitario per giungere fino al cittadino. Può approfondire questo tema?
Le migliori evidenze scientifiche devono guidare tutte le decisioni che riguardano la salute delle persone e, insieme ai dati, sono strumenti indispensabili per disinvestire da sprechi e inefficienze e riallocare in servizi essenziali e innovazioni, sensibilizzando al tempo stesso professionisti sanitari e cittadini.

L’assistenza sanitaria in Italia è oggetto di diversi suoi interventi critici sullo stato attuale di questo servizio. Si è appassito il nostro fiore all’occhiello?
La crisi di sostenibilità del SSN oggi condiziona la vita quotidiana delle persone, in particolare quelle meno abbienti e spesso rende inesigibile il diritto fondamentale alla tutela della salute: interminabili tempi di attesa per una prestazione sanitaria o una visita specialistica, necessità di pagare di tasca propria le spese per la salute sino all’impoverimento delle famiglie e alla rinuncia alle cure, pronto soccorso affollatissimi, impossibilità di trovare un medico o un pediatra di famiglia vicino casa, enormi diseguaglianze regionali e locali sino alla migrazione sanitaria.

Cosa si deve chiedere oggi al nostro servizio sanitario?
Potenzialmente ci sono ampi margini di recupero su vari fronti: eccesso di prestazioni da medicina difensiva e domanda inappropriata, sotto-utilizzo di prestazioni efficaci, frodi, acquisti a costi eccessivi, complessità amministrative, inadeguato coordinamento dell’assistenza, in particolare tra ospedale e territorio. Il recupero di queste risorse richiede una profonda riorganizzazione del SSN, riforme di rottura, formazione dei professionisti e informazione alla popolazione sull’appropriatezza di esami diagnostici e terapie. Ma, prima di tutto, serve un patto politico e sociale per rilanciare la sanità pubblica, al di là delle ideologie partitiche e degli avvicendamenti di governo.

Presidente, lei è molto critico sul progetto di autonomia differenziata del Governo per i riflessi che avrà in sanità. Perché?
Nel contesto di un SSN profondamente indebolito e già segnato da inaccettabili diseguaglianze regionali, l’attuazione delle maggiori autonomie in sanità finirebbe per ampliare la “frattura strutturale” tra Nord e Sud del Paese: ovvero le Regioni meridionali saranno sempre più dipendenti dalla sanità del Nord, compromettendo l’uguaglianza dei cittadini nell’esercizio del diritto costituzionale alla tutela della salute. Lo vediamo già oggi: solo 3 Regioni sulle 14 adempienti ai Livelli Essenziali di Assistenza sono del Sud (Abruzzo, Puglia e Basilicata) e tutte a fondo classifica. E l’ingente flusso di denaro della mobilità sanitaria (€ 4,25 miliardi) scorre prevalentemente dal Meridione verso le Regioni che hanno già sottoscritto i pre-accordi per le maggiori autonomie.

Il tema dell’informazione in generale e quella sanitaria in particolare è oggetto di riflessioni anche molto critiche. I cittadini fanno fatica ad orientarsi in un’offerta informativa che spesso elude principi etici. Ma per tutti e in particolare per una Fondazione comunicare è essenziale. Qual è la sua visione e quella di GIMBE su questo argomento?
È fondamentale potenziare l’informazione basata sulle migliori evidenze scientifiche, in particolare quella istituzionale, per promuovere sani stili di vita, ridurre il consumismo sanitario, aumentare l’alfabetizzazione sanitaria della popolazione, contrastare le fake news e favorire decisioni informate sulla salute. Inoltre, i propalatori di bufale devono essere contrastati con dati ed evidenze scientifiche: spesso su questo la Fondazione GIMBE interviene anche nel silenzio delle istituzioni. L’indolenza rischia infatti di legittimare contenuti antiscientifici e ne favorisce la diffusione mettendo a rischio la salute pubblica.