LE NUOVE TERAPIE biotecnologiche fanno strike in più settori: malattie infiammatorie, autoimmuni, neurologico-degenerative, renali, disturbi della crescita, tumori. Sono anni, infatti, che i “farmaci biologici”, cioè sviluppati e prodotti grazie all’impiego di organismi viventi (come batteri e cellule) hanno dato una marcia in più alla cura di queste patologie. Sono farmaci costituiti da molecole complesse, che per essere messe a punto hanno richiesto studi difficili e costosi.
A differenza dei farmaci tradizionali, prodotti chimicamente e quindi perfettamente riproducibili (a patto che se ne conosca la formula), i farmaci biologici non possono essere riprodotti in maniera “identica” se cambia l’origine dei batteri impiegati, il procedimento di produzione, ma anche solo il luogo in cui è stata avviata la produzione.
Oggi, nonostante la ricerca e la sperimentazione clinica di queste nuove armi contro la malattia sia in continuo sviluppo, la prima generazione dei farmaci biologici sul mercato ha superato, o è in procinto di superare, la scadenza brevettuale.
Così, la perdita della copertura brevettuale ha permesso l’entrata sulla scena terapeutica dei cosiddetti “farmaci biosimilari”, medicinali simili ai farmaci biologici originatori, che possono essere prodotti e commercializzati dalle industrie farmaceutiche a prezzi inferiori rispetto ai prodotti originatori, grazie al risparmio sulle spese di ricerca già eseguite.
I farmaci biosimilari sono, quindi, medicinali biologici simili a un farmaco biologico già autorizzato al commercio e il cui brevetto è scaduto. La loro autorizzazione a entrare nel mercato viene data dall’Agenzia Europea dei Medicinali (European Medicines Agency – EMA) e si basa su un controllo volto a verificare la similarità col prodotto di riferimento in termini di qualità, efficacia e sicurezza.
Garattini cauto sul futuro
“I tre farmaci biosimilari oggi a disposizione sul mercato sono certamente equivalenti ai farmaci con il nome di fantasia, perché sono passati al vaglio dell’autorità regolatoria che ne ha valutato la purezza e le concentrazioni ematiche”, spiega Silvio Garattini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mari Negri”. “Più difficile – continua il professore – sarà l’approvazione di farmaci biosimilari che riproducano per esempio anticorpi monoclonali, perché in quel caso saranno necessari anche studi clinici comparativi spesso di lunga durata. Ciò determinerà molti contenziosi perché le ditte produttrici del prodotto originale tenteranno di mantenere il monopolio. Infatti nel caso si debbano ripetere studi clinici per tutte le indicazioni del prodotto originale, i costi aumenteranno e conseguentemente la diminuzione del prezzo sarà più bassa rispetto ai farmaci generici. In definitiva, non è facile prevedere cosa succederà nel prossimo futuro”.
Una grande svolta
Più ottimisti i manager delle aziende farmaceutiche. “I farmaci biosimilari rappresentano una grande rivoluzione nella cura del paziente, sia in termini di efficacia, sia di accessibilità alle cure – afferma Peter Stenico, responsabile commerciale Biofarmaceutici e Oncologici Sandoz -. I biosimilari hanno infatti reso possibile il trattamento di molte malattie invalidanti e potenzialmente letali. Nel contempo, i nostri dati mostrano che nonostante il consumo di questi farmaci sia aumentato, la spesa si è ridotta, portando a un risparmio globale”.
Dal canto suo, anche l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) in una recente “Position Paper” commenta positivamente le nuove disponibilità terapeutiche: “Lo sviluppo e l’utilizzo dei farmaci biosimilari rappresentano un’opportunità essenziale per l’ottimizzazione dell’efficienza dei sistemi sanitari e assistenziali, avendo la potenzialità di soddisfare una crescente domanda di salute, in termini sia di efficacia e di personalizzazione delle terapie, sia di sicurezza d’impiego. I medicinali biosimilari rappresentano, dunque, uno strumento irrinunciabile per lo sviluppo di un mercato dei biologici competitivo e concorrenziale, necessario alla sostenibilità del sistema sanitario e delle terapie innovative, mantenendo garanzie di sicurezza e qualità per i pazienti e garantendo loro un accesso omogeneo e tempestivo ai farmaci innovativi, pur in un contesto di razionalizzazione della spesa pubblica”.
Il mercato italiano
“In Italia, il mercato di biosimilari – spiega Dario Scapola, responsabile della Business Unit Biosimilari di Sandoz Italia – è attualmente limitato a tre categorie farmacologiche: l’ormone della crescita (somatropina), l’epoetina alfa, che viene usata per il trattamento di anemia indotta da trattamenti chemioterapici o associata a insufficienza renale cronica in pazienti emodializzati e il filgrastim, per stimolare l’incremento dei globuli bianchi. Ma le cose stanno per cambiare. Nei prossimi cinque anni, la scadenza di molti brevetti di anticorpi monoclonali porterà alla disponibilità di nuove molecole biosimilari in patologie onco-ematologiche e autoimmuni, due delle aree terapeutiche a più elevato costo per il Sistema Sanitario Nazionale. La disponibilità di biosimilari e il loro contributo alla riduzione della spesa si tradurrà dunque in un vantaggio per i pazienti e per le risorse pubbliche”. In soldoni, i conti sono chiari: oggi il prezzo dei biosimilari presenti sul mercato è inferiore dal 15% al 39% (a seconda del prodotto) rispetto al prezzo del farmaco originatore. Un bel risparmio se viene garantita la parità di qualità, efficacia e sicurezza.
Maurizio Maria Fossati