Un corso di formazione professionale continua per Giornalisti iscritti all’Ordine, organizzato dall’Unione Nazionale Medico Scientifica di informazione (UNAMSI) e dall’Istituto Europeo di Oncologia (IEO), per la prima volta in partnership in occasione della ricorrenza dei cento anni dalla nascita del fondatore dello IEO, Umberto Veronesi
Cambia lo scenario dell’oncologia: il 4,3% delle morti per cancro in Europa riguarda i giovani adulti tra i 20 e i 49 anni e in Italia, dove si stimano 390.000 nuove diagnosi ogni anno, per tutte le età si prevede un aumento medio dei nuovi casi dell’1,3% nei maschi e del 0,6 % nelle donne. Sono dati resi noti durante il corso per giornalisti ‘Cancro e Media: le sfide per il Giornalismo’, promosso presso la Sala Stampa Nazionale di Milano dall’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) e dall’Unione Nazionale Medico Scientifica di informazione (UNAMSI), in occasione dei 100 anni dalla nascita del fondatore dello Ieo, Umberto Veronesi, l’uomo, lo scienziatoche più ha creduto nel ruolo dei media per la lotta contro il cancro e le altre importanti sfide della medicina. Grazie a lui, e alla divulgazione che ostinatamente ha saputo sempre suscitare, oggi il cancro non è più ‘un male incurabile’ ma una malattia come le altre.
Oggi però le nuove conoscenze hanno complicato le cose dal punto di vista dell’informazione popolare, quella che deve raggiungere anche l’uomo della strada: negli ultimi anni l’approccio scientifico alla patologia tumorale è cambiato radicalmente ed è difficile per un ‘non addetto ai lavori’ parlarne in modo corretto. E’ già sbagliato parlare di ‘cancro’ al singolare, perché si sa che sotto questo nome ci sono tantissime malattie diverse. Si è passati da una visione anatomica a una visione molecolare della malattia, tanto che le terapie oggi sono proposte sulla base di un’impronta genetica, che è perciò diversa per ogni malato: ecco l’oncologia di precisione, ecco la terapia personalizzata.
Ma nonostante gli innegabiligrandi successi della Ricerca e della Medicina, la prevenzione e lo screening restano ancora oggi strategie di sicura efficacia per ridurre il crescente impatto della malattia, “tanto che –come ha spiegato Roberto Orecchia, direttore scientifico dello IEO – un aumento della consapevolezza dei rischi e il conseguente abbandono di tabacco, alcol, sedentarietà e obesità, potrebbe da solo ridurre fino al 50% l’incidenza di tumori e un risultato analogo sulla riduzione di mortalità si otterrebbe con diagnosi precoce e adesione agli screening”. Ma per il professor Orecchia “in Italia siamo ancora lontani da questi obiettivi: nello screening mammografico siamo migliorati rispetto al 2018, passando dal 46% al 55%. Ma per il colon retto siamo addirittura regrediti, passando dal 35% al 34%, mentre per l’HPV test e pap test siamo passati dal 35% al 41%”.
In questo quadro, comunicazione e informazione restano imprescindibili strumenti fondamentali per sensibilizzare la società , come ha sempre sostenuto Umberto Veronesi, “avvertendo anche – ha ricordato Ferruccio De Bortoli, editorialista del Corriere della sera e presidente diVidas, fondazione per l’assistenza ai malati inguaribili – che nella comunicazione e nell’informazione sulla malattia non bisogna mai perdere di vista la cura delle parole da utilizzare, nei confronti di un pubblico inevitabilmente in situazione di fragilità”.
E nella prospettiva di un’informazione rapportata al nostro tempo non si può ormai prescindere dalle notizie recuperate attraverso Internet, “considerando che – come ha sottolineato Beatrice Mautino, podcaster e divulgatrice scientifica – è stato calcolato che gli italiani spendono in media 5 ore e 39 minuti on line, e una percentuale che supera il 71% utilizza il web per cercare informazioni. Tuttavia solo una frazione fra l’1 e il 3 % del tempo online è dedicato ai siti.Tutto il resto è per i social. Ma il ruolo del giornalismo resta comunque basilare perché i media tradizionali, tv, giornali e radio, sono quelli che alla fine determinano se una notizia, pur nata sui social, diventa virale”.
Resta aperto il dibattito su quanto un’informazione possa e debba essere allo stesso tempo corretta, efficace, giusta e virale – ha osservato Cinzia Testa, giornalista Unamsi e presidente della Sala Stampa Nazionale – ricordando“le basilari regole giornalistiche, come il riferimento, che deve essere sempre citato negli articoli, alle fonti più autorevoli per una informazione sempre corretta e completa”.
Per questo “è assolutamente necessario un gioco di squadra fra le forze in campo, primi fra tutti oncologi, ricercatori e giornalisti”, ha sottolineatoOrecchia. E “in un mondo come l’attuale, dove l’informazione corre velocissima – sono le conclusioni del presidente di Unamsi, Nicola Miglino – i giornalisti, quando si occupano di salute e, in particolare, di cancro, hanno la necessità di seguire con attenzione l’evoluzione della ricerca biomedica, sempre più complessa da raccontare, quindi di studiare sia sul fronte scientifico che su quello del linguaggio da usare e infine di utilizzare anche canali potenti come i social per diffondere informazioni preziose e utili. Perchè un paziente bene informato è una risorsa per sé e per tutta la comunità”.