Guerra al cancro, l’immuno-oncologia mette il turbo al sistema immunitario

Nuove strategie e farmaci innovativi sotto i riflettori del Congresso nazionale dell’AIOM: si rinforzano le difese dell’organismo per sconfiggere la malattia. Aumenta la sopravvivenza nei pazienti con melanoma. Allo studio le applicazioni per la cura del tumore di polmone, rene e prostata

ROMA – C’E’ UNA NUOVA ARMA nelle mani degli oncologi: l’immuno-oncologia. Nuovi farmaci rinforzano le difese dell’organismo per sconfiggere il cancro. Così nel melanoma, uno dei tumori più aggressivi, si è raggiunto un indice di sopravvivenza del 20% a 10 anni.  “L’immuno-oncologia – spiega Stefano Cascinu, presidente uscente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) – stimola le cellule del sistema immunitario a combattere il cancro con maggior ‘potenza’. In pratica, non si colpiscono direttamente le cellule tumorali, ma si attivano i linfociti T del paziente: i globuli bianchi del sistema immunitario che sono capaci di eliminare o neutralizzare le cellule infette o anormali. Le nuove cure fanno ‘combattere’ i linfociti con maggiore efficacia e li mettono in grado di distruggere il tumore. Finora quest’immunoterapia ‘intelligente’ ha dimostrato di essere efficacie in specifiche neoplasie, come il melanoma, permettendo di aumentare la sopravvivenza a lungo termine. Ma non solo. Le sperimentazioni in corso stanno evidenziando l’enorme potenziale di questa strategia in molte altre forme di cancro, per esempio polmone, rene, prostata, mesotelioma pleurico. Ecco perché possiamo affermare di essere di fronte alla quarta arma per il trattamento del cancro, che si aggiunge alla chirurgia, alla radioterapia e alla chemioterapia”.

La molecola che allunga la vita

“Da 30 anni non si vedevano progressi nelle cure del melanoma e nessun trattamento poteva migliorare la sopravvivenza in fase avanzata (che in media era di 6 mesi) – sottolinea Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di Oncologia Medica e Terapie Innovative del Pascale di Napoli -. Il nuovo farmaco immuno-oncologico ha dimostrato di raddoppiarla a uno e due anni. E un quinto dei pazienti è vivo a un decennio dalla diagnosi. Questo significa che, in alcuni casi, è possibile parlare di lungo-sopravviventi. E questi risultati emergono da studi clinici che hanno coinvolto oltre 5.000 persone, alcune proprio all’Istituto Pascale”. “È però necessario – precisa Francesco Cognetti, direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena di Roma – che i farmaci realmente innovativi siano subito disponibili per i pazienti, riconoscendone l’innovazione. I farmaci devono essere valutati sul rapporto costo/efficacia, dando a quelli dotati di un reale impatto sulla storia della malattia il beneficio di essere resi disponibili con rapidità”. E’ noto che le cellule tumorali cercano di “nascondersi” al sistema immunitario per potere proliferare. Ebbene, questo inibitore di checkpoint immunitario (un anticorpo monoclonale umano ricombinante che blocca l’antigene 4) aumenta l’attivazione e la proliferazione delle cellule T. Autorizzato nel 2013 per le terapie di prima linea in Europa, nel settembre 2014, ha ricevuto l’approvazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per la rimborsabilità, permettendo anche ai pazienti italiani di accedere a al trattamento. Al momento esiste un ampio programma di sviluppo di questa molecola anche per altri tipi di tumori.  In contemporanea si sta studiando un altro inibitore immunitario che agisce su un recettore diverso. Quest’ultimo è stato approvato in luglio in Giappone per il trattamento di pazienti con melanoma non operabile ed è all’approvazione dell’americana FDA.

Massima attenzione al malato, durante e dopo le cure

Come accaduto nell’ultima edizione dell’ASCO, il mega-appuntamento congressuale americano di oncologia e in occasione di quello europeo (ESMO), anche il XVI Congresso nazionale dell’AIOM , svoltosi a Roma dal 24 al 26 ottobre, ha dedicato ampio spazio all’immunoterapia-oncologica. Quasi tremila oncologi sono arrivati nella Capitale. Sotto i riflettori “l’oncologia medica italiana tra criticità e speranze per il futuro”, una realtà complessa, introdotta dal discorso inaugurale del professor Stefano Cascinu. Un programma ricco di spunti e riflessioni. Un approccio globale alla malattia cancro che presta la massima attenzione alle esigenze e alla qualità della vita del malato durante e dopo le cure. Sotto la lente i compiti e le responsabilità dell’oncologo moderno, impegnato nella prevenzione, nella diagnosi, nella terapia, nel follow-up, nella riabilitazione e nella gestione delle risorse. Particolare attenzione all’assistenza, alla formazione, alla ricerca e ai nuovi ruoli del medico oncologo.

Serve più collaborazione tra oncologi e medici di famiglia

E nel nome dell’interesse del paziente, AIOM ha recentemente promosso un sondaggio fra malati e medici. Ebbene Il 73% dei pazienti riconosce il valore della collaborazione fra oncologo e medico di famiglia per la gestione della sua malattia. Ma oltre la metà (54%) giudica oggi questo rapporto insufficiente. Opinione condivisa anche dai clinici: per il 57% di loro la cooperazione ospedale-territorio è inadeguata. Oncologi e medici di famiglia non si parlano o si parlano poco e questo pesa nella gestione della patologia, soprattutto dopo la fase acuta. “Nel nostro Paese quasi un milione di persone si sottopone a controlli di follow-up. Dobbiamo dare loro la possibilità di essere seguiti per le visite di routine anche vicino casa, senza il bisogno di andare per forza nei centri oncologici – commenta Carmine Pinto, neo-presidente AIOM. Ecco perché è necessario creare un modello di condivisione del follow-up con i medici di famiglia. Un’alleanza che ottimizzi l’assistenza e diminuisca i tassi di ospedalizzazione durante la sorveglianza clinica. Questo significa garantire alle persone una riabilitazione al massimo livello e una migliore qualità di vita. Ovviamente, in caso di necessità o di urgenza, il centro specialistico rimane sempre presente”.

I numeri del cancro in Italia

Presentato a Roma anche il volume: “I numeri del cancro in Italia 2014”, curato da Intermedia Editore e frutto della collaborazione tra AIOM, Associazione Italiana Registri Tumori (AIRTUM) e il Centro nazionale per la prevenzione e il controllo delle malattie del Ministero della Salute. Dai dati pubblicati emerge che le morti per cancro sono in netto calo. In circa vent’anni (1996-2014) sono diminuite del 18% fra gli uomini e del 10% fra le donne. Il numero di nuovi casi invece è sostanzialmente stabile rispetto al 2013: saranno infatti 365.500 nel 2014 (erano 366mila lo scorso anno, 364mila nel 2012 e 360mila nel 2011): 196.100 (54%) negli uomini e 169.400 (46%) nelle donne. Il merito è da ricondurre anche alle campagne di prevenzione, anche se il fattore di rischio più importante, il fumo di sigaretta, risulta ancora troppo diffuso. Un terzo degli italiani under 35 è fumatore. Con conseguenze allarmanti. Basti pensare che fra le donne il cancro del polmone (nelle aree coperte da registri tumore) in 18 anni ha fatto registrare un incremento pari al 61%. Complessivamente, il cancro del colon-retto è il più frequente con quasi 52.000 diagnosi stimate nel 2014, seguito da quello della mammella (48.000), del polmone (40.000), della prostata (36.000) e della vescica (26.000).

Fumo, il più spietato dei big Killer

“Il big killer tra gli uomini – spiega Emanuele Crocetti, segretario AIRTUM – è il cancro del polmone (27%), del seno tra le donne (17%). In questa edizione del volume – continua il professore – abbiamo anche inserito un capitolo sui cosiddetti ‘secondi tumori’ nei pazienti con cancro. Il rischio di ricevere un’altra diagnosi oncologica cresce con il tempo ed è, in media, del 4% per le donne e del 6% per gli uomini dopo 5 anni dalla prima malattia, del 6% e del 10% dopo un decennio, del 10% e del 14% dopo un ventennio e del 12% e del 16% dopo un trentennio. Questo incremento si registra in particolare nei tumori che condividono la stessa esposizione a fattori cancerogeni, come in quelli legati a fumo e alcol. In generale, i pazienti oncologici presentano un rischio maggiore del 10% di sviluppare un secondo tumore rispetto alla popolazione generale”. Oggi, comunque, il tumore del seno fa sempre meno paura: negli ultimi vent’anni la mortalità a causa del cancro è diminuita del 38%. Quando la diagnosi è precoce, la sopravvivenza sfiora ormai il 90%. “La mammografia ha ridotti i decessi, ma il merito principale è sicuramente dei progressi terapeutici. E l’innovazione prodotta dalla ricerca ha permesso di raggiungere risultati straordinari anche in altre neoplasie, come quelle della prostata o della cervice uterina. Certamente, i farmaci antitumorali sono costosi ed è doveroso garantire la sostenibilità del sistema, ma salvano migliaia di vite.

Maurizio Maria Fossati