Targa della Federazione Mondiale del Termalismo all’UNAMSI

Un altro riconoscimento a UNAMSI: la Federazione Mondiale del Termalismo e della Climatoterapia (Femtec) ha premiato la nostra associazione riconoscendo “il suo esperto supporto professionale e la partecipazione attiva allo sviluppo delle iniziative FEMTEC”. Così recita la targa che è stata consegnata dal Presidente della Femtec, professor Umberto Solimene (Università di Milano) nelle mani di Francesco Brancati, segretario generale di UNAMSI, sabato 5 novembre al termine di un Congresso, a Castel San Pietro Terme (Bologna), che ha visto la partecipazione di 24 Paesi di tutti i continenti.
“Un congresso (il 73/o della storia Femtec) dedicato al tema del ‘Termalismo nelle società in cambiamento’ – ha sottolineato Solimene, nel quale la ricerca scientifica è stata la grande protagonista, ponendo le basi per un suo ulteriore incremento, unico modo per assicurare grande sviluppo futuro alla terapie termali”. In effetti l’efficacia di molte terapie termali è dimostrata da tempo immemorabile. Funziona, anche se per un tempo limitato, per malattie comuni a carico delle articolazioni (come le osteoartrosi) o della pelle (come, la psoriasi), ma finora nessuno ha mai saputo dimostrare attraverso quale meccanismo d’azione. In sostanza: si sa che certe acque migliorano per un certo tempo la stessa qualità di vita dei pazienti, ma non si sa perché.
Oggi questo limite vacilla: grazie agli studi sul microbiota, ad esempio, si comincia a conoscere l’importante ruolo che nella cura giocano i batteri. In particolare, pur restando fondamentale la composizione chimica e la temperatura di certe acque termali, si pensa che molto del potere curativo potrebbe essere dovuto all’interazione dei batteri contenuti in quelle acque con i batteri delle lesioni cutanee. E’ il caso della psoriasi, malattia infiammatoria della pelle, e delle acque di Comano Terme (Trento) – ricche di bicarbonato, calcio e magnesio – di cui si è parlato proprio al congresso della Femtec.
E’ stato Mario Cristofolini, già primario dermatologo all’Ospedale di Trento, oggi presidente dell’Istituto di Ricerca Termale ‘G.B.Mattei’ alle Terme di Comano, a notare qualche anno fa, e a non sapersi spiegare, come mai l’acqua dell’acquedotto di Trento, pur con una composizione chimica molto simile a quella termale di Comano non avesse analoghi effetti antinfiammatori su questa malattia.
Ora però, gli studi frutto della collaborazione dell’Istituto Mattei con il Dipartimento di Biologia cellulare, Computazionale e Integrata (Cibio) dell’Università di Trento, stanno aprendo una finestra illuminante su questo mistero: hanno permesso di rilevare che “l’acqua termale usata per le cure, non essendo purificata per essere resa potabile, contiene un microbiota non alterato, composto – ha precisato Olivier Jousson del Cibio – da 250 specie batteriche, di cui il 40% ignote fino a questo momento. Molte specie sono state isolate in coltura pura e hanno dimostrato di avere proprietà immunomodulanti, alcune antinfiammatorie, altre proinfiammatorie”. E “scopo del prossimo lavoro – ha concluso Jousson – sarà dimostrare come l’efficacia della cura termale sia in questo caso determinata, nell’interazione tra il microbiota dell’acqua termale e quello della lesione psorisiaca, dal prevalere dei batteri dell’acqua, con proprietà antinfiammatorie”.

Un altro studio presentato a Castel San Pietro riguarda l’artrosi del ginocchio e dimostra che abbinare alla normale cura (a base di farmaci antinfiammatori) la balneo-fangoterapia, può aiutare il paziente a soffrire di meno, ma fa anche risparmiare il servizio sanitario nazionale (Ssn). Lo ha affermato Antonella Fioravanti, reumatologa dell’Ospedale di Pisa e vicepresidente della Società internazionale di Idrologia medica, citando uno studio pilota dell’Università Bocconi di Milano.
In media – ha precisato Fioravanti – la terapia usuale per l’osteoartrosi del ginocchio costa al Ssn per ogni paziente circa 900 euro l’anno. Ma se a questa si aggiunge, all’inizio della cura, un ciclo di balneo-fangoterapia (acqua termale più fanghi), la sua efficacia nel tempo, valutabile fino a 9 mesi dalla fine del ciclo di cura, può consentire al paziente di evitare l’assunzione di una gran quantità di farmaci antinfiammatori (con il loro bagaglio di effetti indesiderati a livello gastrico), e al Servizio sanitario nazionale di spendere per quel paziente una cifra intorno ai 300 euro l’anno, quindi tre volte di meno, di cui 132 relativi alla terapia termale. “Si tratta di uno studio pilota effettuato su soli 100 pazienti – ha commentato la professoressa Fioravanti – e quindi non è un dato definitivo, ma apre la strada ad approfondimenti che potrebbero rivelarsi fondamentali, se teniamo conto del fatto che quello dell’osteoartrosi è un problema più che emergente. Perché questa patologia dal 1990 ad oggi ha avuto un incremento di oltre il 113%. E il trend non tende a fermarsi a causa all’allungamento dell’aspettativa di vita e dell’incremento continuo dell’obesità, i due fattori che maggiormente ne aumentano il rischio”.