Il lato oscuro della scienza. In Italia fino al 15% i lavori manipolati

A Milano l’incontro “L’onestà nella ricerca scientifica: a lezione di correttezza con i grandi della scienza”. Carafoli: “10 mila riviste ‘open access’ pubblicano tutto e dietro compenso, sono autentiche truffe”. Bucci: “In Italia si arriva al 15% di sperimentazioni manipolate”. I motivi: carriera, finanziamenti, soldi. Cattaneo: “Uno scienziato non può barare”. Nonostante truffe e manipolazioni, resta il dovere del giornalista di verificare la fonte di una notizia fra le pubblicazioni in riviste di alto rango

MILANO – Pubblicazione multipla della propria ricerca, eliminazione dei risultati sgraditi, manipolazione dei dati, plagio di idee o risultati altrui, fabbricazione di risultati. E’ “il lato oscuro della Scienza”, per usare una definizione di Ernesto Carafoli, del Venetian Institute of Molecular Medicine di Padova e Accademico dei Lincei, che oggi vede il moltiplicarsi delle frodi scientifiche a livelli mai conosciuti in passato. Se ne è parlato a un incontro con i massimi esperti italiani della materia, tra cui la senatrice a vita Elena Cattaneo, promosso dal nuovo Direttore scientifico dell’Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, Silvano Bosari dal titolo significativo: ‘l’onestà nella ricerca scientifica: a lezione di correttezza con i grandi della scienza’.
Le cifre che inquadrano il problema le dà Enrico Bucci, biologo napoletano, già ricercatore del Cnr, oggi allo Sbarro Health Research Organization (SHRO) della Temple University di Philadelphia, secondo cui in tutto il mondo le frodi scientifiche, tra quelle veniali e quelle gravi, riguardano qualcosa come l’1,2% dei ricercatori. “E non è poco – osserva – se si calcola che il numero complessivo dei ricercatori è intorno a 20 milioni. Se poi si pensa che ognuno di questi pubblica oltre un centinaio di studi, si arriva alla situazione attuale, dove un lavoro su quattro nasconde quanto meno una lettura troppo benevola dei dati. La progressione nel tempo è stata enorme: dieci anni fa era un lavoro su 10 e venti anni fa un lavoro su 100”. Un caso recente è quello di Springer Nature, rivista accademica che ha ritirato, in un colpo solo, 58 articoli a causa di “plagi o manipolazioni”, come riporta The Scientist.

Perché questo moltiplicarsi di comportamenti scorretti?
Fino a una ventina d’anni fa, ricorda Carafoli, c’erano poche importanti riviste scientifiche (Nature, Science, New England Journal of Medicine, The Lancet….) a governare il settore, pubblicando dopo attente e rigorose analisi indipendenti (le peer review), gli studi che ritenevano corretti. Gli errori c’erano, le frodi pure, ma erano sporadiche e clamorose. Poi si è pensato che fosse un male che solo poche riviste potessero ‘dirigere’, in un certo senso, la scienza mondiale e c’è stata l’apertura alle cosiddette riviste ‘open access’, che ben presto sono diventate numerosissime, qualcosa come 10 mila.
“Il problema – osserva Carafoli – è che la grandissima maggioranza di esse pubblica tutto. Senza analisi dei dati. E chiede anche il pagamento di somme di denaro, in genere 500 dollari (che non sono poco in Paesi come l’India o la Cina). Queste sono autentiche truffe”.

Articoli pieni di errori accettati e pubblicati come eccellenti
Qualcuno ha fatto la prova: un revisore di Science ha prodotto un articolo pieno di errori fatti appositamente e lo ha mandato a una di queste riviste: è stato pubblicato come eccellente. Qualcun altro è andato oltre e ha inviato un articolo ripetendo sette parole indefinitamente e un altro ancora ha mandato un lavoro interamente composto da parole senza senso. Ebbene, sono stati accettati e pubblicati.
Per Carafoli, le motivazioni della corsa alle pubblicazioni sono molteplici: avanzamenti di carriera, ottenimento di grants, vantaggi economici, forzatura dei risultati per renderli aderenti a una teoria…
Bucci lavora a questo problema dal 2009: “L’utilizzo del numero di pubblicazioni per valutare gli scienziati (come accade per l’ H-index proposto nel 2005 da Jorge Hirsch per quantificare la prolificità e l’impatto del lavoro degli scienziati basandosi sul numero delle pubblicazioni e delle citazioni, ndr) ha innescato da solo la rincorsa alla pubblicazione. Se devo pubblicare di più per avere un finanziamento, non bado molto a quel che pubblico. Se sono disonesto fabbrico dati”.

La vicenda degli studenti cinesi negli USA
La corsa alla pubblicazione è sfrenata. Bucci racconta che negli Stati Uniti, dove sono numerosissimi gli studenti cinesi, capita che siano costretti dal loro tutor a pubblicare un articolo in sei mesi, sotto ricatto della mancata fornitura dei documenti necessari per mantenere il permesso di soggiorno (che scade appunto ogni semestre).
“In Italia la situazione non è migliore – accusa il biologo napoletano – Qui ci sono ‘fabbriche di esperimenti manipolati’, che vedono all’opera dal professore all’ultimo degli studenti. Motivo? Per avanzare nella carriera. E quando non sarai più studente, ma ricercatore e andrai a cercare un finanziamento, ti troverai a competere con questi colleghi, con questo andazzo. Qui, inoltre, la legge non ti aiuta: se partecipi a un concorso e un tuo collega scrive il falso nel Cv, non risulta come ‘falso in atto pubblico’. Se esistesse un regolamento che prevedesse l’annullamento della procedura per una pubblicazione falsa, tutti avrebbero interesse a denunciare. Ma oggi se fai una cosa del genere potresti passare i guai”.

Qual è la situazione italiana delle pubblicazioni manipolate?
“L’Italia è in linea con gli altri paesi del mondo: media del 7,5-8% di studi manipolati, con una frazione massima del 15%. La situazione peggiore al mondo è quella degli Stati Uniti e della Cina. Leggermente migliore la situazione in Gran Bretagna”.

Le tre regole di Elena Cattaneo
Elena Cattaneo è fra quelli che hanno scoperto una frode scientifica e il suo autore, Federico Infascelli, docente dell’Università Federico II di Napoli accusato di aver modificato in modo fraudolento i dati inseriti in tre pubblicazioni sugli OGM, con la volontà di fabbricare un risultato sperimentale inesistente e provare scientificamente che sono nocivi. “Uno scienziato non può barare – sostiene la professoressa – perché contravviene al mandato che ha dai cittadini. E se non si rende al cittadino in prodotto sano e integro, la percezione della scienza viene annebbiata, offuscata”. E accade che a volte venga anche meno la fiducia dei cittadini nel metodo scientifico, che altro non è se non una serie di regole e procedure dettagliate che aiutano a rispettare l’evidenza e a rifiutare il falso. Tre le regole dello scienziato: dire la verità, non manipolare i dati, denunciare ogni volta che ci si trova davanti a un artefatto, a una condotta sbagliata o fraudolenta”.

Ma ‘Metodo scientifico’ e ‘Medicina basata sull’evidenza’ restano un must
La grande maggioranza dei ricercatori resta però immune da comportamenti fraudolenti, così come le riviste scientifiche serie. Possono sbagliare, ma non avallano scientemente uno studio manipolato. Per cui, dal punto di vista del giornalismo scientifico, questi problemi delle frodi nella ricerca e delle truffe scientifiche non devono essere un alibi per non cercare lo studio basato sul ‘metodo scientifico’ e pubblicato su una rivista di rango dietro a ogni novità o a ogni terapia innovativa. Una posizione che ha visto la stessa Elena Cattaneo in prima linea contro Stamina e il metodo Vannoni, proprio perché non avevano dietro alcun dato scientifico inequivocabile.