Tumore dell’ovaio: un test migliora terapia

Un documento stilato da AIOM definisce le raccomandazioni per una corretta condotta del test

ROMA – Grazie a un test genetico è possibile migliorare la terapia e la prevenzione del cancro dell’ovaio, una neoplasia che rappresenta il 3% di tutti i tumori femminili e che lo scorso anno ha colpito ben 4.900 italiane.
Il test in questione è il BRCA, un esame di laboratorio – prescritto dall’oncologo, genetista o dal ginecologo con specifiche competenze – in grado di identificare alterazioni ereditarie a carico dei geni BRCA1 e BRCA2, condotto al fine di valutare la predisposizione genetica del paziente allo sviluppo dei tumori della mammella e dell’ovaio (il 25% delle portatrici di una variante patogenetica di BRCA ha una diagnosi di tumore dell’ovaio dopo i 60 anni) e al fine di fornire preziose informazioni utili sia per la scelta terapeutica che per l’individuazione di un rischio nei familiari di sviluppare un altro tumore.
“Otto diagnosi su 10 arrivano quando il cancro è ormai in fase avanzata e, in questi casi, la sopravvivenza a 5 anni delle pazienti è solo del 35%. I test genetici rappresentano un’arma in più a nostra disposizione per sconfiggere la malattia”, spiega il prof. Carmine Pinto, Presidente dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica. “Attraverso un semplice prelievo di sangue è possibile sapere se una donna è predisposta ad ammalarsi di cancro e se risponderà positivamente o meno ad alcuni farmaci. L’esame deve però essere svolto seguendo specifici criteri stabiliti dai vari specialisti”.
Per questi motivi AIOM, insieme alla Società Italiana di Genetica Umana (SIGU), alla Società Italiana di Biochimica e Biologia Molecolare Clinica (SIBIOC) e alla Società Italiana di Anatomia Patologica e Citologia diagnostica (SIAPEC-IAP) ha messo a punto un apposito documento sull’uso dell’esame genetico BRCA nella cura del carcinoma ovarico in cui sono contenute le principali raccomandazioni per un’adeguata esecuzione del test.
“Con questo nostro documento vogliamo favorire l’implementazione del test BRCA nei percorsi assistenziali e terapeutici delle donne colpite dalla neoplasia”, continua il prof. Pinto. “Una paziente con mutazioni del gene BRCA può essere curata con una particolare categoria di farmaci, i PARP inibitori. In questo modo è possibile personalizzare la terapia e garantire una maggiore efficacia del trattamento. L’esame influisce sulla decisione del tipo di terapia e quindi deve essere facilmente accessibile per tutte le donne e i risultati disponibili in tempi compatibili con le necessità cliniche”.
Negli scorsi mesi il Policlinico Universitario Agostino Gemelli di Roma ha messo a punto una rete nazionale per permettere alle donne affette da tumore ovarico di effettuare il test genetico per le mutazioni BRCA: una piattaforma online a cui possono accedere gli oncologi di tutto il territorio italiano per richiedere l’analisi e ottenere i risultati in tempi brevi.