Ancora troppi medici con vecchie barriere culturali. Nella cura della sofferenza siamo il fanalino di coda europeo
MILANO – Il dolore può e "deve" essere tenuto al guinzaglio con un ragionevole e appropriato impiego di farmaci: quelli tradizionali (Fans), gli oppiacei e, se non bastasse, anche con neurostimolatori (pace-maker del dolore). Il “sintomo” dolore, infatti, non deve trasformarsi in “malattia”. Un male che, oltre alla sofferenza fisica, causa disturbi del sonno, sindromi ansioso-depressive, aumento di stress, disabilità, e spinge a consulti multipli di vari specialisti con grandi angosce e sprechi di denaro. Purtroppo in Italia, il dolore viene spesso curato male, in modo inadeguato e insufficiente. "E’ troppo spesso sotto-trattato o mal-trattato – dice Enrico Polati, presidente Associazione Italiana per lo Studio del Dolore (AISD) – i medici continuano a utilizzare troppo gli antinfiammatori non steroidei (Fans) e troppo poco gli oppioidi". L’abuso di Fans rovina la salute "I Fans – denuncia Polati – sono indicati solo per il dolore acuto con spiccata componente infiammatoria e per breve tempo, ma nel dolore cronico sono da evitare per la loro tossicità: lesività gastrica, insufficienza renale acuta e anche aumentato rischio cardiovascolare. Tutti effetti collaterali che non accompagnano gli oppiacei”. Purtroppo l’Italia è sempre stato uno dei Paesi con minore consumo di oppioidi. Questo (nonostante la Legge n.38 del 15 marzo 2010) perché permangono "vecchie barriere culturali". “Barriere che ancor più emergono nel caso dei pazienti oncologici – dice Vittorio Guardamagna, direttore della Terapia del dolore all’Istituto Europeo di Oncologia (Ieo) -. In Italia, nel 50% dei casi, le cure sono inappropriate: nonostante gli avvertimenti di AIFA ed EMA, è tuttora diffuso l’impiego prolungato di Fans, che non andrebbero mai somministrati oltre le tre settimane. Al contrario, le linee guida indicano gli ‘oppioidi forti’ per la cura del dolore cronico moderato-severo". Smettiamola di stringere i denti "Esistono, schematicamente, due tipi di dolore – dice Paolo Notaro, responsabile del Centro HUB di Terapia del Dolore della ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano e fondatore di Nopain Onlus -. Un dolore che potremmo definire ‘utile’, acuto, una sorta di campanello d’allarme che avvisa che c’è qualche cosa che non va (quello per esempio che ci permette di diagnosticare una malattia) e un dolore ‘inutile’, cronico. In questo secondo caso, la sofferenza diventa un sintomo prolungato che lede il benessere. Perdurando nel tempo, il dolore diventa fonte di disabilità per la persona. Il sintomo dolore si trasforma lui stesso in ‘malattia’ e finisce per condizionare ogni aspetto della vita. La sua durata è imprevedibile, e in alcuni casi può persino estendersi a tutta la vita del paziente. La sua intensità è variabile, anche se solitamente tende ad aumentare con il passare del tempo, acuita dagli stati d’animo negativi, dall’ansia e dalla frustrazione che spesso accompagnano la sofferenza. Per queste ragioni, il dolore cronico è chiamato anche ‘dolore totale’. I pazienti, infatti, estenuati dall’instancabile sofferenza, lamentano disturbi del sonno, depressione, fatica e vedono persino ridotte le loro facoltà intellettive". Cosa dice la legge 38 La Legge n.38 del 15 marzo 2010 sulle "Disposizioni per garantire l’accesso alle cure palliative e alla terapia del dolore" (Gazzetta ufficiale del 19 marzo) tutela i diritti di coloro che soffrono di dolore cronico e oncologico e dispone il dovere di un’adeguata assistenza su tutto il territorio nazionale, riconoscendo alla sofferenza cronica la dignità di malattia. Si tratta di una legge che tutela e garantisce l’accesso del malato alle cure palliative e alla terapia del dolore. In particolare: "Le strutture sanitarie che erogano cure palliative e terapia del dolore devono assicurare un programma di cura per il malato e la sua famiglia senza alcuna discriminazione e in ogni fase della malattia". Gli aspetti più rilevanti del testo legislativo riguardano la rilevazione del dolore nella cartella clinica riportandone le caratteristiche, le terapie (farmaci e dosaggi) e il risultato antalgico ottenuto e la semplificazione delle procedure di accesso ai medicinali impiegati nella terapia del dolore. Lo studio clinico Con lo scopo di combattere il dolore cronico e di aiutare a gestirlo attraverso una corretta aderenza alle cure, nel novembre 2014 è stato avviato da Nopain Onlus (Associazione italiana per la cura della malattia dolore), in sinergia col Centro di Terapia del Dolore dell’Ospedale Metropolitano Niguarda, il progetto "Punto terapia del dolore". L’iniziativa voleva favorire l’assistenza della persona con dolore cronico e creare un processo di rete per il monitoraggio e supporto al percorso terapeutico. La presa in carico dei pazienti è stata supportata dai volontari di Nopain Onlus adeguatamente addestrati (numero verde gratuito 800.974261 – ore 9.30-12.30). I risultati del progetto, a distanza di oltre un anno, sono molto interessanti e hanno permesso di riscontrare un altissimo gradimento da parte dei malati con ricadute positive nell’esito della cura. Il Punto Terapia del Dolore ha monitorato 332 pazienti, effettuando oltre mille telefonate. Ogni paziente è stato chiamato più volte. E’ stata così verificata l’efficacia della cura, creando un immediato collegamento con il Centro nel caso dell’acutizzarsi del dolore. Una diretta conseguenza del monitoraggio è stato l’aumento dell’aderenza alla terapia: più alta delle percentuali osservate a livello nazionale e internazionale. Tutti i pazienti, inoltre, sono stati invitati a riferire al proprio medico di famiglia le indicazioni della cura seguita, favorendo così un collegamento tra ospedale e territorio che ha messo la persona malata al centro del sistema assistenziale e ha stimolato alcuni medici di famiglia a contattare il Centro di Terapia del Dolore di Niguarda .