Omeopatia: ‘Acqua fresca?’ – Silvio Garattini risponde di sì e lo spiega in un libro

Un volume scritto a più mani con i ricercatori del ‘Mario Negri’, per dimostrare con dati e argomentazioni che i prodotti omeopatici contengono diluizioni del principio attivo molto vicine allo zero e che di conseguenza le terapie omeopatiche non hanno alcuna base scientifica. Un mercato tra i 250 e i 400 milioni. Le contraddizioni della legislazione italiana
 
MILANO – “Acqua fresca?”. Silvio Garattini non ha dubbi nel rispondere così a chi gli chiede cosa pensi dell’omeopatia. E con i contributi di autorevoli ricercatori dell’Istituto Mario Negri di Milano, di cui è Direttore Scientifico, ha anche curato il libro intitolato appunto ‘Acqua fresca? Tutto quello che bisogna sapere sull’omeopatia”, Sironi Editore, in libreria dall’inizio di Ottobre 2015.
E’ Vittorio Bertelé, nella sua Breve introduzione, a spiegare i fondamenti teorici su cui si fonda l’omeopatia, a partire dai suoi esordi nella seconda metà del ‘700, basati su “diluizioni – dice – che portano spesso a eliminare qualsiasi traccia del principio attivo originario e a giustificare il titolo del libro, ma senza punto di domanda”.
Un’ ‘Acqua fresca’ che però, secondo i calcoli di Lorenzo Moja muoverebbe un mercato oscillante “tra i 250 e i 400 milioni di euro. Poca cosa – commenta il ricercatore – se confrontata con la spesa farmaceutica complessiva (26,6 miliardi di euro nel 2014), che però risulta vicino al 5% in proporzione alla spesa per i farmaci non rimborsabili pagati direttamente dai cittadini (8,16 miliardi di euro)”.
Ma qual è allora il fenomeno alla base di tanto successo per questi prodotti? Garattini chiama in causa la responsabilità delle Università, degli Ordini dei Medici e dello Stato “che, a vario titolo e in vari modi, promuovono e legittimano terapie che non hanno nessuna base scientifica”.

Le contraddizioni della legislazione italiana

In particolare, secondo il farmacologo, la legislazione italiana è sostanzialmente centrata sulla sicurezza/non nocività del prodotto omeopatico e non sulla dimostrata capacità terapeutica. “Da ciò – spiega – dipendono diverse contraddizioni”. Come quella che sulla documentazione di accompagnamento deve ‘essere stampigliata in modo visibile che trattasi di indicazioni per cui non vi è, allo stato, evidenza scientificamente provata dell’efficacia del medicinale omeopatico o antroposofico’.
“I prodotti omeopatici, però – argomenta il farmacologo – possono essere venduti solo in farmacia, su prescrizione medica o su indicazione del farmacista, consentendo in tal modo l’affermarsi di una convinzione di efficacia, salvo poi negarne il rimborso da parte del Servizio Sanitario Nazionale, ma al contempo permettendone la deducibilità fiscale del costo”.

Non regge la tesi della ‘memoria dell’acqua’, né quella dell’effetto placebo
Giorgio Dobrilla, esaminando la lettura scientifica riguardante l’omeopatia, riporta fra l’altro la conclusione del National Health and Medical Research Council australiano, secondo cui “non è emersa alcuna prova certa che l’omeopatia sia efficace per il trattamento della gamma di condizioni di salute considerate…”.
Ma è Emilio Benfenati che affronta i tentativi di dare risposte ‘scientifiche’ ai vuoti teorici connessi alla sostanziale mancanza del principio attivo nel prodotto omeopatico. E anche qui, la tesi  della ‘memoria dell’acqua’ ipotizzata da Luc Montagner, “non ha retto alle evidenze sperimentali, dimostrando al contrario che l’omeopatia fa acqua da tutte le parti”.
Potrebbe comunque verificarsi un ‘effetto placebo’? Neanche questo, secondo Luigi Cervo, perché “ritenere che i rimedi omeopatici siano una forma di placebo – conclude – è un’ipotesi che deve essere ancora una volta provata o confutata”.