Lo studio di un gruppo di ricercatori dell’ Ospedale San Raffaele e dell’Università di Harvard. Invece di curare le cellule malate, danneggiarle ancora di più fino a indurne la morte per apoptosi. Il ruolo di una molecola derivata da una pianta di ‘pepe nero’
MILANO – Provocare la morte delle cellule tumorali del mieloma multiplo sfruttando la loro stessa incapacità di crescere in modo normale: impedendo, da una parte il meccanismo di riparazione cellulare, dall’altra provocando un ulteriore danno alla cellula tumorale fino a indurne la morte programmata (apoptosi). È questo il risultato dello studio di un team di ricercatori dell’Ospedale San Raffaele di Milano, in collaborazione con l’Università di Harvard, e condotto grazie ai fondi stanziati dall’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro.
Lavorando su linee cellulari e amplificando la caratteristica delle cellule malate di non poter duplicare in modo corretto il DNA al loro interno, infatti, il gruppo di studio coordinato da Giovanni Tonon, capo Unità Genomica funzionale del cancro del San Raffaele, è riuscito a indurre la morte programmata delle stesse cellule.
Il processo è stato indotto utilizzando due trattamenti combinati: da un lato l’inibizione di una proteina coinvolta nel meccanismo di riparazione cellulare (ATR), e dall’altro l’induzione di un ulteriore aumento di danno al DNA all’interno della cellula, attraverso l’uso di una molecola specifica derivata dal ‘Piper longum’, una pianta della famiglia del pepe nero.
Uno dei principali meccanismi di crescita del tumore è difatti legato all’attività incontrollata di geni, gli oncogeni, che provocano la crescita inconsulta delle cellule tumorali, costrette così a riprodursi in modo turbolento, riportando continui danni al proprio materiale genetico.
Francesca Cottini, prima autrice dello studio e physician scientist della Harvard Medical School, ha
spiegato: “Il nostro studio ha sfruttato il meccanismo della cosiddetta ‘synthetic lethality’, un tipo
di interazione genetica per cui una combinazione di mutazioni in più geni porta alla morte della
cellula, cosa che non accadrebbe se la mutazione interessasse un unico gene”.
“Pur essendo ancora in fase di sperimentazione su linee cellulari – ha precisato Tonon – il nostro studio potrebbe aprire la strada a nuove prospettive di trattamento per i pazienti affetti da forme particolarmente aggressive di mieloma multiplo, che non rispondono ad altre terapie”.
Il mieloma multiplo è un tumore causato dalla crescita incontrollata delle plasmacellule, una componente molto importante del sistema immunitario che produce e libera anticorpi per combattere le infezioni. Si tratta di una malattia con età media d’insorgenza di circa 70 anni e con una leggera prevalenza nel sesso maschile, che ogni anno registra 4 nuovi casi ogni 100mila abitanti.