Ma cosa ti dice il cervello? Donne, uomini e neurologia

Articolo di Marina Cosi, pubblicato dal sito www.giuliagiornaliste.it. E’ il punto su medicina di genere, studi, cure e stereotipi, buona informazione nel convegno del 12 ottobre a Milano promosso da GiULiA Giornaliste con il patrocinio di UNAMSI e l’intervento di Francesco Brancati sulle regole per un’informazione medico scientifica corretta. Milano – Serio ma non serioso, l’incontro con le esperte di neurologia e dintorni su “Donne e uomini, tanto eguali quanto diversi” si è mangiato tre ore in un fiato e sarebbe durato di più se non fosse che s’era di sabato (l’ora dell’aperitivo incombeva) e anche le commesse e i vigili della magnifica Sala Alessi di Palazzo Marino, sede del Comune di Milano, dovevano chiudere i battenti.
Dunque il convegno dello scorso 12 ottobre, che ha trovato spazio e autorevolezza anche grazie a Diana De Marchi (l’attivissima consigliera comunale con delega alle PO), partiva dalla medicina di genere, illustrata in lungo e in largo – ossia quadro normativo, in Lombardia, in Italia e a livello internazionale -, quindi si concentrava sull’incidenza delle differenze di sesso nelle malattie neurologiche e cerebrovascolari e sui relativi approcci terapeutici differenziati; per approdare infine ai meccanismi neurolinguistici dei pregiudizi. Sottolineando a matita rossa le responsabilità che come giornalisti abbiamo nel diffondere un’informazione scientifica corretta, verificata, libera da condizionamenti (si scrive condizionamenti, si legge industria farmaceutica); il che è doveroso sempre, ma a maggior ragione lo è quando si affronta la salute. Che è quella cosa che sta in mezzo fra la vita e la morte…

Un esempio, gli ormoni. Basti pensare all’influenza che hanno nella vita d’un uomo, il cui assetto è sostanzialmente invariato dall’adolescenza ai 70 anni, piuttosto che nella vita d’una donna, nella quale si susseguono più tappe (pubertà, età fertile, gravidanza, menopausa…). Eppure di rado i farmaci ne tengono conto, anche se ora qualcosa finalmente va cambiando. Come diceva la dottoressa Marina Rizzo, neurologa e presidente di Simegen, riuscire a diagnosticare tempestivamente patologie (infarto, ictus…) che si presentano con modalità anche molto diverse fra uomini e donne può fare la differenza nell’intervento di cura. Nei tempi, nei modi, negli esiti.

In verità per lo più a rimetterci sono state le donne, visto che lo standard di riferimento era l’uomo. Ma c’è anche qualche caso di discriminazione al contrario, come l’osteoporosi che non viene ricercata sui corpi maschili, se non spesso troppo tardi. Per questo è fondamentale educare per prima cosa i medici e poi per seconda battersi perché le ricerche ed i test farmacologici siano differenziati per genere. Una strada finalmente tracciata dalla legge, recentissima peraltro, sulla medicina di genere (percorso, attuazione, raffronti con altri Paesi, nella vivace relazione della dottoressa Elena Del Giorgio, Università Statale di Milano, ricercatrice nei gender studies) che trova però applicazione a macchia di leopardo nel Paese. Da qui l’appassionata relazione con cui la dottoressa Barbara Garavaglia, biologa e responsabile della struttura di genetica dell’Istituto Besta di Milano, ha sostenuto l’importanza dei Cug, ossia dei comitati unici di garanzia – sanitari -, nel benessere dei lavoratori e contro le discriminazioni di genere.

Se non si capisce l’importanza di una conoscenza differenziata degli aspetti epidemiologici, clinici e terapeutici nell’uomo e nella donna “non si può garantire l’equità delle cure”, come ha ricordato la dottoressa Maria Vittoria Calloni, responsabile Stroke Unit dell’Ospedale di Legnano. Ad esempio le donne, in aggiunta ai comuni fattori di rischio vascolare, ne hanno di ulteriori e specifici che aumentano in loro la possibilità di ictus ischemico; inoltre le morti per malattie vascolari cerebrali sono del 49% fra le donne e del 38% fra gli uomini. Nonostante ciò le donne, in alcune aree geografiche hanno minor accesso ad esami e terapie… Col che si va al cuore del problema: i danni provocati dai pregiudizi. Già, ma come si formano?

Neurologa e docente all’Università Bicocca di Milano, Alice Mado Proverbio ci ha richiamate – “ci”, nel senso del giornalismo – al ruolo dei media nel divulgare e ribadire “contenuti gender-biased, in cui la donna appare frequentemente associata al ruolo di vittima di violenze o di puro oggetto estetico anziché dotata di forza, autorevolezza e capacità”, così contribuendo a creare una rappresentazione alterata, soprattutto nella mente maschile che ha meno elementi soggettivi ed autobiografici per essere in disaccordo con lo stereotipo…. Aprendo una parentesi autopromozionale, ricordiamo che GiULiA ha queste battaglie nel proprio dna e che la sua penultima pubblicazione è stata giustappunto “Stereotipi, donne nei media” (Ledizioni, Milano, febbraio 2019). Affascinante poi l’illustrazione delle ultime ricerche sul cervello, alla ricerca delle basi neurobiologiche della formazione e della rappresentazione dello stereotipo di genere.

E così il giornalismo corretto, chiamato in causa a gran voce, ha trovato nel collega Francesco Brancati una pacata ed efficace difesa. A partire dall’affermazione che “più sarà autorevole la fonte, più la notizia giornalistica avrà valore”. Francesco, una vita all’Ansa, esperto di salute, consigliere dell’Unamsi, cioè dell’associazione dei giornalisti che si occupano di informazione medico scientifica, ha fatto il punto dapprima sulle coordinate delle fonti qualificate (quali, dove trovarle, come riconoscerle), con un’attenzione particolare alle novità farmacologiche, diagnostiche e terapeutiche, e quindi ha ricordato come le regole per attuare un’informazione corretta e completa siano già tutte nelle nostre carte ordinistiche ed in particolare nell’articolo 6 del Testo unico dei doveri del giornalista. Cui di recente s’è aggiunto lo specifico decalogo, messo a punto dall’Unamsi, sulle “Regole del giornalista medico-scientifico”.

Ultima ma non ultima nota in favore di GiULiA: a differenza della media dei convegni italici, purtroppo quasi sempre ad alto tasso di testosterone fra i relatori, stavolta con “Genere e neuroscienze. Donne e uomini, tanto eguali quanto diversi” (così il titolo per esteso) ci siamo volutamente sbilanciate, con un solo uomo e sette donne sul palco, consigliera comunale e giornalista coordinatrice incluse…

Infine, qui in coda, d’aiuto alla memoria, un breve ripasso su oratrici e temi:

Introduzione: Diana De Marchi, presidente Commissione pari opportunità e Diritti civili. Interventi: Marina Rizzo, neurologa, presidente Simegen: “Sesso e genere nelle malattie neurologiche”; Elena Del Giorgio, esperta in Gender studies, UniMi-Statale: “Medicina di genere, storia del quadro normativo italiano ed internazionale”; Barbara Garavaglia, biologa, responsabile Struttura di genetica Istituto Besta: “Lo sviluppo della medicina di genere in Lombardia e il ruolo dei Comitati unici di garanzia”; Francesco Brancati, giornalista scientifico e consigliere Unamsi: “Il rispetto delle carte deontologiche dell’Ordine e il Codice etico Unamsi. Per un giornalismo autorevole”; Maria Vittoria Calloni, neurologa, responsabile Stroke Unit, Ospedale di Legnano: “Differenze di genere nelle malattie cerebrovascolari: ictus, ischemia, emorragia”; Alice Mado Proverbio, docente di psicologia cognitiva, Centro neuroscienze UniMi-Bicocca: “Meccanismi neurolinguistici dei pregiudizi di genere”. Coordinamento: Marina Cosi, giornalista, vicepresidente GiULiA Giornaliste.

Marina Cosi