La storia di una battaglia su più fronti vinta da Elisabetta Dejana con l’appoggio dei Media e di UNAMSI. Dal 2015 il trial clinico sul trattamento farmacologico delle Malformazioni Cerebrali Cavernose
MILANO – Un vecchio farmaco antitumorale, fuori brevetto e abbandonato dall’industria tornerà in produzione per dare speranza alle persone colpite da CCM (Malformazioni Cerebrali Cavernose) una gravissima malattia genetica, principale causa di emorragia cerebrale nei bambini sotto 10 anni.
L’Unione europea ha fatto rientrare la malattia nei bandi di finanziamento per le cosiddette ‘patologie orfane’ e l’ EMA ha chiesto ai ricercatori dell’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare di Milano (IFOM), di strutturare uno studio clinico per verificare l’efficacia del trattamento della malattia con quel farmaco. Studio che potrà così partire nel 2015.
Il merito va ai ricercatori dell’IFOM di Milano che hanno scoperto le nuove valenze di questo farmaco sotto la guida di Elisabetta Dejana, ma anche all’ostinazione della ricercatrice milanese – recentemente chiamata a far parte del Consiglio Superiore di Sanità – e dei Media che hanno appoggiato la sua battaglia per rimettere in produzione un farmaco abbandonato da anni. In un percorso che ha visto l’UNAMSI giocare un ruolo tra i protagonisti.
L’Industria aveva detto “No”
Ma non è stato un percorso facile. Tutt’altro. In un primo tempo, l’industria aveva detto ‘No’, non valeva la pena di ridare vita a quel vecchio farmaco fuori produzione da anni. Rimetterlo in produzione non conveniva, “non era abbastanza remunerativo”.
E’ contro questo atteggiamento che si è battuta Dejana, che proprio per le ricerche su CCM ha ricevuto nei giorni scorsi il “Premio Feltrinelli” dall’Accademia dei Lincei. Ci sono voluti mesi di battaglia e la denuncia dei Media, ma alla fine una casa farmaceutica italiana ha deciso di assicurare nuova vita al vecchio farmaco.
I dati sulla malattia e la storia della ricerca
“La CCM – spiega la ricercatrice, cui nel 2011 l’UNAMSI attribuì il Premio Ippocrate – è una patologia molto grave che interessa i vasi cerebrali, caratterizzata da malformazioni vascolari a forma di lampone che tendono a sanguinare causando crisi epilettiche, forti mal di testa, progressive paralisi e in molti casi emorragia cerebrale”.
Pur essendo considerata una malattia genetica rara, si presenta anche in forma sporadica e, tra le due forme, la prevalenza nella popolazione è relativamente alta, raggiungendo un caso ogni 200. In Italia ci sarebbero quindi circa 300 mila casi di CCM. Colpisce nel 25-30% dei casi bambini e ragazzi sotto i 20 anni, nel 60% adulti tra 20 e 40 anni, e per il 10-15% gli ultra-quarantenni. Ad oggi l’unica terapia possibile è la chirurgia che però spesso è impraticabile perché pericolosa, in quanto il bisturi può facilmente danneggiare le parti sane del cervello.
Proprio nel corso della ricerca di una terapia farmacologica alternativa a quella chirurgica, i ricercatori si sono accorti che quel vecchio farmaco, derivato del ‘sulindac’ riusciva a superare la barriera emato-encefalica nei topi di laboratorio cui era stata fatta riprodurre la stessa malattia umana, e riduceva di molto le lesioni cerebrali. Si apriva uno spiraglio su un possibile trattamento. Occorreva uno studio clinico sull’uomo ma, prima di tutto, rimettere in produzione il farmaco.
La battaglia di Dejana e il ruolo dei Media e dell’UNAMSI
Qui comincia l’odissea di Elisabetta Dejana, tra la società che in passato ha prodotto il farmaco e le altre che avrebbero la possibilità di rimetterlo in produzione. A parte qualche generica disponibilità, il ‘No’ è generale. I costi di produzione sono dell’ordine di 100-200 mila euro, bastanti appena a condurre lo studio clinico per un anno.
A maggio la svolta: una conferenza di Elisabetta Dejana al Circolo della Stampa di Milano, promossa dalla socia UNAMSI Gabriella Fiecchi, una notizia dell’ANSA ripresa su diversi Media (giornali, siti, Tv) e quasi contemporaneamente anche un articolo sul questo sito UNAMSI, tra le news dello scorso maggio, compiono il ‘miracolo’.
Proprio in seguito a queste “denunce” all’opinione pubblica, Dejana viene contattata da alcune case farmaceutiche, ognuna propone una soluzione più o meno praticabile. Ma il passo decisivo arriva dall’Unione Europea, che fa rientrare la CCM nei bandi di finanziamento per le ‘patologie orfane’.
E’ fatta. Col finanziamento europeo, una casa farmaceutica italiana si offre di produrre il farmaco e una quindicina di giorni fa l’Agenzia europea Ema lo accetta e chiede all’IFOM di strutturare lo studio clinico sulla terapia della CCM.
Ma non è tutto: un Centro ricerca francese che da tempo segue la malattia mette a disposizione dell’IFOM il suo lavoro, dopo aver identificato 100 famiglie con persone malate di CCM, l’80% delle quali ha già dato l’ assenso a far parte della sperimentazione, che così potrà partire nel 2015. Oggi, 300 mila pazienti italiani hanno una speranza in più.
”Ed è’ un esempio molto bello – riconosce Elisabetta Dejana – di come la stampa, se di alta qualità, possa davvero incidere in maniera importante e positiva”.
Francesco Brancati