Tumori. Bonanni (IEO): valutare il rischio individuale per una ‘prevenzione personalizzata’

Il Direttore della Prevenzione e Genetica oncologica dell’Istituto Europeo di Oncologia parla del ‘presente e futuro’ della prevenzione oncologica nel corso di un incontro promosso da GSA – Giornalisti Specializzati Associati col Patrocinio di UNAMSI

MILANO – Non aveva molte alternative rispetto all’intervento al seno, Angelina Jolie: il suo fattore di rischio, il gene mutato Brca1, era molto alto. Il suo caso faceva parte di quella ‘zona rossa’, per fortuna estremamente ristretta, in cui si può decidere di fare un passo decisivo. Ma esiste una vasta ‘zona grigia’ con un grandissimo numero di persone che hanno sì un rischio genetico, ma più controllabile e gestibile con un’attenta sorveglianza, con dieta e stile di vita mirati, e anche con i farmaci.
Lo spiega, nel corso di un incontro promosso dai Giornalisti Specializzati Associati (GSA) con il Patrocinio di UNAMSI, Bernardo Bonanni, Direttore Divisione di Prevenzione e Genetica Oncologica all’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) dove coordina 18 ricercatori che seguono questo filone di ricerca.
“Attenzione – dice Bonanni – : ci sono differenze genetiche diverse anche per chi è sano e non è detto che si ammalerà. Non è vero che con un gene mutato ci sia un destino di malattia. Ma che cosa fa la differenza fra ammalarsi e non ammalarsi? E’ questo il punto. Ci sono cose che si possono modulare, ‘pilotare’, per adesso entro certi limiti, in futuro si spera molto meglio. E’ quella che si chiama ‘prevenzione personalizzata’.
Finora abbiamo conosciuto una prevenzione ‘generica’: lo screening mammografico proposto dal sistema sanitario cui moltissime donne dai 50 ai 69 anni si sottopongono ogni due anni, oppure la ricerca del sangue occulto nelle feci per il tumore del colon, o ancora la Tac spirale a basso dosaggio nei forti fumatori per la diagnosi precoce del cancro del polmone.

Col gene mutato non si trasmette la malattia, ma la predisposizione a svilupparla
Ma alla ‘prevenzione personalizzata’ chi si deve sottoporre? Chi, da persona sana, deve correre a un Centro specializzato per farsi visitare? “Tutte e tutti coloro, e soprattutto giovani fra i 20 e i 30 anni – risponde Bonanni – che hanno visto tra i propri familiari più casi di un determinato tipo di tumore. Il caso classico è quello della poliposi familiare, persone con polipi al colon che entro i 40 anni di età sviluppano un tumore”.
Gli specialisti analizzeranno il loro Dna e valuteranno se i tumori in famiglia sono stati causati dalla trasmissione di un gene mutato oppure no. “Col gene – precisa l’oncologo – viene trasmessa non la malattia, ma la predisposizione ad ammalarsi, più probabilmente e spesso in età più giovanile rispetto alla popolazione generale”. E il discrimine dell’età è importante: “Avere in famiglia casi di persone che si ammalano dopo i 60 anni – sottolinea Bonanni – non è un criterio valido per pensare alla trasmissione di un gene mutato”.
In ogni caso, “oggi non è più sufficiente parlare di ‘rischio’ riferito alla popolazione generale – argomenta l’oncologo – ma è opportuna invece la valutazione di un ‘rischio individuale’ e per fare questo è necessaria una scrupolosa raccolta e analisi della storia personale e familiare della persona”.

Costruire un programma di sorveglianza personalizzato
Questo lavoro permette, secondo lo specialista milanese, di “costruire un programma di sorveglianza clinico-strumentale personalizzato”.
Questo programma sarà basato certamente su una dieta appropriata (quella ‘mediterranea’: legumi, cereali, farine integrali, carni bianche, pesce…), su uno stile di vita che dà molta importanza all’esercizio fisico e su una puntigliosa ‘sorveglianza’ con più frequenti controlli da parte dell’oncologo. Ma, se necessario, anche sulla somministrazione alcuni farmaci di cui si conoscono gli effetti antitumorali.

La farmaco-prevenzione
Bonanni cita il tamoxifen e il raloxifen per il tumore della mammella, l’aspirina a dosaggi pediatrici per il cancro del colon retto (e ci sono studi in corso proprio all’ IEO per verificarne l’azione anche nei confronti del cancro del polmone). Ancora, si sa che la pillola anticoncezionale è protettiva nei confronti del tumore dell’ovaio. Ma “sono allo studio molte altre molecole promettenti – precisa – fra cui la metformina (noto antidiabetico) per la prevenzione del tumore della mammella. Solo in pochi casi estremi – conclude – quando il rischio è veramente alto, si può decidere di ricorrere, se è possibile, all’opzione della chirurgia profilattica”.