Iniziativa Nutrition Foundation of Italy, col Patrocinio UNAMSI. L’esperto: Basterebbe che metà della quantità quotidiana di pane e pasta fosse ‘integrale’, perché il rischio di malattie cardiovascolari si riducesse del 22% e quello del diabete del 25%
MILANO – Vuoi mangiare con meno sale senza sacrificare il gusto? Sala l’acqua della pasta dopo che l’hai calata, negli ultimi due minuti di cottura: gli spaghetti assorbiranno il sale soltanto nella parte più esterna, ma la sapidità percepita mangiandoli sarà comunque uguale, anche se sarà molto minore il sale ingerito.
Il trucco è del professor Furio Brighenti, docente di Scienza degli Alimenti all’Università di Parma. L’ha ‘confidato’ nel corso di un incontro promosso da Nutrition Foundation of Italy (NFI) aperto al pubblico, studenti e giornalisti, con patrocinio UNAMSI (l’associazione dei giornalisti che scrivono di Salute) nell’ ambito di Expo 2015 e dedicato alle tecnologie alimentari che preservano sicurezza di pane e pasta e la salute dei consumatori.
Ma anche con il pane, che è la principale fonte di sodio nella dieta, ci si può prendere gioco del ‘palato’, ingannandolo. Brighenti ha presentato la diapositiva di una fetta di pane in cassetta, realizzata con sei strati di impasto alternati uno ad uno, 3 fatti con farina salata e tre con impasto senza sale. Il risultato – ha detto il professore – è che ad ogni boccone, mangiamo almeno due strati di pane, con quello salato superiore e quello insipido subito sotto. “Ma la sensazione percepita è quella della sapidità, nonostante una riduzione di sale del 50%”.
A parte il problema del ‘troppo sale nella dieta’, primo fattore di rischio (ipertensione arteriosa) associato all’ alimentazione, il consumo dei cereali (pasta e pane), soprattutto di quelli integrali, è associato alla riduzione del rischio di malattie, in particolare le cardiovascolari e il diabete tipo 2.
Citando una recente metanalisi, Brighenti ha precisato come basterebbe che la quantità di cereali integrali raggiungesse il 50% della quantità media giornaliera (in Italia è di circa 260 grammi) perché il rischio di malattie cardiovascolari si riduca del 22% e quello del diabete del 25%.
Ma questa preferenza per il cibo integrale vale soprattutto per il pane – dice il professore -, meno per la pasta che ha un indice glicemico più basso. Significa che il pane bianco viene digerito più velocemente della pasta, generando più alti picchi glicemici postprandiali che attivano l’insulina. Più salutare il pane integrale che, ricco di fibra e di altre sostanze benefiche (antiossidanti, vitamine, minerali…) è meno digeribile, ha un transito più lento e non genera alti picchi glicemici.