La Dieta Mima Digiuno può curare il diabete riprogrammando le cellule del pancreas

Studio condotto sui topi pubblicato il 23 febbraio dalla rivista Cell. Autore è Valter Longo, il biochimico che conduce le sue ricerche tra la  University of Southern California di Los Angeles e l’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare di Milano, e che ha ricevuto il Premio l’UNAMSI nel corso della serata di Natale 2016 dell’Associazione

MILANO – Potrebbe curare il diabete la ‘Dieta Mima Digiuno’ (Dmd) elaborata da Valter Longo, il biochimico Premio UNAMSI 2016 che conduce le sue ricerche tra la University of Southern California di Los Angeles e l’Istituto FIRC di Oncologia Molecolare di Milano. Lo dimostra una ricerca condotta sui topi dallo stesso ricercatore italiano e dai suoi collaboratori, che è stata in questi giorni pubblicata sulla rivista ‘Cell’.
Secondo lo studio, la Dmd è in grado di promuovere la crescita di nuove cellule pancreatiche che producono insulina. Per decenni gli scienziati hanno cercato di riprogrammare le cellule adulte umane per poter attivare programmi simili a quelli embrionali (con le cellule staminali) in grado di sostituire le cellule danneggiate con altre nuove e funzionanti.
Ora la ricerca sembra aprire uno spiraglio su questo obiettivo: “Alternare ciclicamente una dieta che mima il digiuno con una dieta normale – spiega Longo – ha essenzialmente riprogrammato le cellule che non producono insulina in cellule che producono insulina. Attivando la rigenerazione delle cellule pancreatiche, siamo stati in grado di migliorare lo stato di salute dei topi affetti da diabete di tipo 1 e tipo 2 in stadio avanzato e anche di riattivare la produzione di insulina nelle cellule pancreatiche umane da pazienti con diabete di tipo 1”.

Invertire la resistenza e l’impoverimento di insulina
Col diabete il pancreas perde le cellule beta che producono insulina, aumentando l’instabilità dei livelli di zucchero nel sangue. Lo studio ha dimostrato una notevole inversione del diabete in topi sottoposti a Dmd per 4 giorni alla settimana. I topi – anche in stadio di malattia avanzato – hanno ripristinato la produzione di insulina normale, ridotto la resistenza all’insulina e presentato livelli di glucosio nel sangue più stabili. Infatti, la ricerca ha rivelato che geni normalmente attivi nel pancreas in
fase di sviluppo di topi allo stadio embrionale si riattivano nei topi adulti diabetici durante l’alternanza di cicli di Dmd e dieta normale. Questo aumenta la produzione di una proteina implicata nello sviluppo delle cellule endocrine pancreatiche, la neurogenina-3 (Ngn3) e, di conseguenza, promuove la creazione di nuove cellule beta sane che producono insulina.
I ricercatori hanno simulato il diabete di tipo 1 nei topi somministrando dosi elevate di streptozotocina – molecola che uccide le cellule  che producono insulina – e hanno studiato topi con diabete di tipo 2, con mutazione in Lepr, il  gene dell’insulina, caratterizzati da resistenza ad insulina e da eventuale perdita di produzione di insulina. Entrambi i tipi di diabete sono stati invertiti dai cicli  di Dmd.

Fasi successive: studio clinico
Longo e il suo gruppo hanno quindi esaminato anche cellule pancreatiche in coltura da donatori umani e hanno scoperto che, nelle cellule da pazienti con diabete di tipo 1, i nutrienti che imitano il digiuno aumentavano anche l’espressione della proteina Ngn3 e la produzione di insulina. I risultati suggeriscono che una dieta che simuli il digiuno possa alleviare il diabete negli esseri umani. Ma per dimostrarlo è necessario avviare uno studio clinico ad hoc.
Ma c’è una quantità crescente di evidenze che indica come la Dmd sia vantaggiosa in diversi contesti patologici. La scorsa settimana, uno studio pubblicato dallo stesso gruppo su ‘Science Translational Medicine’ ha dimostrato che la Dmd riduce il rischio di cancro, diabete, malattia cardiologica e altre malattie legate all’invecchiamento in un trial clinico effettuato su 100 pazienti che avevano seguito la DMD per soli cinque giorni ogni  tre mesi. E studi precedenti sulla dieta hanno dimostrato di poter potenzialmente alleviare i sintomi della sclerosi multipla, aumentare l’efficienza della chemioterapia per i trattamenti di cancro, e ridurre il grasso viscerale.
“I risultati di questi studi – conclude Longo – aprono prospettive concrete per la cura di patologie croniche come il diabete o del tumore al pancreas, uno dei big killer più temibili”.