Dieta alcalina, altro esempio di cattiva informazione

dieta.alcalina Tra passaparola, internet e qualche infelice trasmissione televisiva, come, tanto per cambiare, Le Iene di Italia 1, la cosiddetta dieta alcalina o alcalinizzante continua a fare proseliti. Ma che cos’è esattamente questa “raccomandazione” alimentare? E poi funziona? E per cosa? Tutte domande a cui ha risposto in modo scientificamente corretto un libro, “Salute e bugie” di Salvo Di Grazia, autore noto in rete come MedBunker. Catanese di nascita, veneto d’adozione, Di Grazia, classe 1967, è medico per professione e passione. Ginecologo, specializzato in fisiopatologia della riproduzione umana e colposcopia, ha lavorato per molti anni in Francia. Tornato in Italia ho lavorato prima in una clinica convenzionata e poi in una struttura pubblica nella quale lavoro tuttora occupandomi tra l’altro di procreazione medicalmente assistita e si è dedicato anche alla ricerca. «Appassionato di internet e comportamento umano da qualche anno mi interesso delle cosiddette “medicine alternative“ scoprendo per puro caso un mondo nuovo che a quanto pare muove tanti interessi, più o meno leciti», spiega lo specialista. «Studio tutta la cattiva medicina, anche quella che rischia di entrare nei nostri ospedali sotto forma di scienza ma che di questa non ha nulla. E così, mio malgrado, sono diventato un divulgatore scientifico perché ho visto quanto bisogno vi sia di spiegare la scienza, la medicina e la pseudoscienza».   Caso emblematico di disinformazione Il caso della dieta alcalinizzante è emblematico di cosa significhi cattiva informazione. In base a questa dieta alimentarsi con cibi “non acidi” favorirebbe la salute e guarirebbe addirittura da molte malattie, tra cui il cancro. Secondo i dettami di questa dieta, alcalinizzando l’organismo si vivrebbe meglio. Il problema, come dice Di Grazia, è come si fa ad alcalinizzare l’organismo? Innanzitutto bisogna chiarire cosa si intenda per alcalinità. Qui vale la pena prendere dagli scaffali della libreria il “Mountcastle” o il “Ganon”, che per gli addetti ai lavori sono i testi sacri di fisiologia umana, e andare a rileggersi il sistema acido-base che è alle fondamenta della vita. Ogni soluzione ha un suo pH. Si tratta della scala di misura dell’acidità o basicità (detta anche alcalinità) di un composto. Questa scala nell’uso pratico va da 0 a 14. Se una soluzione ha pH 0 è un acido forte (è cioè una sostanza molto acida), se ha pH 14 è una base forte (cioè molto basica, alcalina); una soluzione con pH 7, come ad esempio l’acqua pura, si dice “neutra2 (non è cioè né acida né alcalina). Il nostro sangue ha un pH lievemente alcalino con un valore intorno a 7,4. Il pH del sangue tuttavia non è immutabile e fisso e può oscillare di pochi decimi di punto in su o in giù, ma viene subito riportato nella norma da una serie di meccanismi “tampone” molto efficienti di compenso messi in atto dai reni e dai polmoni. Quello più marcato e rapido è la respirazione: espirando si eliminano sostanze in modo da riportare il pH nella norma. I nostri polmoni riescono a ripristinare il pH normale in tempi brevissimi. Come esempio basta pensare al caso dell’apnea e al respiro affannoso che la segue: i recettori incaricati di regolare la respirazione reagiscono a un aumento dell’anidride carbonica, CO2, acida che tende a spostare verso il basso il pH. L’emissione con il respiro di CO2 riporta il pH nella norma. I reni, invece, hanno un ruolo meno marcato, ma molto più raffinato: attraverso l’urina vengono eliminati gli elementi che condizionano il pH. Quantitativamente, questi ultimi sono meno di quelli emessi dai polmoni, ma si tratta di sostanze «organiche» non volatili, che quindi non «evaporano». Se per qualsiasi motivo il pH del nostro organismo non è stabile (quindi va oltre o sotto la normalità del 7,4) si entra in uno stato patologico: se si va verso l’acidità si parla di «acidosi metabolica», al contrario si usa il termine di «alcalosi metabolica». Sono due condizioni che, in caso non vengano rapidamente risolte, possono portare alla morte in breve tempo (per valori di pH inferiori a 6,8 e superiori a 7,8). Il nostro organismo è impegnato h24 e 7/7 per mantenere il pH entro i valori fisiologici: quando assumiamo una sostanza acida, i recettori avvertono l’alterazione e mettono in moto i meccanismi che permettono al pH di innalzarsi e rimanere stabile. Viceversa una sostanza basica o alcalina che dir si voglia innesca un meccanismo inverso: il pH viene un pochino acidificato e ritorna al suo normale valore.   Controsenso fisiologico La domanda è quindi ovvia. A cosa serve alcalinizzare il corpo? Secondo il guru della dieta alcalina, Robert Young, presunto medico (ha ottenuto una laurea online da un’università non riconosciuta che in seguito è stata chiusa per aver truffato i propri allievi), alcalinizzarsi produrrebbe effetti straordinari sulla salute. E come si può alcalinizzarsi? Mangiando in particolare frutta (non tutti i tipi), alcuni legumi, ma soprattutto evitando cibi acidi quali la carne, i grassi, i fritti. Qualcuno che ha seguito questa “dieta” riferisce di benefici evidenti e sostiene di godere di un migliore stato di salute. Per forza, verrebbe da dire: sono i benefici di un regime alimentare salubre e una maggiore attenzione a come ci si alimenta evitando cibi grassi e pesanti a farlo stare meglio e non certo l’alcalinizzazione. In realtà – spiega Di Grazia – nutrirsi di alimenti alcalini non serve a nulla in termini di salute. I perché sono diversi. –  Una pietanza alcalina, subito dopo l’ingestione, viene a contatto con i succhi gastrici presenti nello stomaco che, come tanti sanno, sono estremamente acidi, con un pH pari a 1. Questo “incontro” neutralizza l’alcalinità dell’alimento, che al momento di venire assimilato è praticamente neutro (o addirittura acidificato). –  Anche se esistesse un cibo capace di mantenere la sua basicità dopo il passaggio dallo stomaco, fino a riuscire a far variare il pH del sangue, si metterebbero in moto tutti i meccanismi che abbiamo descritto per riportare immediatamente il pH ai valori consueti. –  Nel caso (ipotetico e inesistente) di un alimento commestibile che dopo aver sorpassato indenne l’acidità gastrica e non aver scatenato i meccanismi di regolazione del pH, riuscisse a rendere «basico» il nostro sangue, basterebbero pochi minuti di questa condizione per andare in alcalosi metabolica. Pertanto, se esistesse questo tipo di alimento, sarebbe un veleno e mangiarlo significherebbe morire. La dieta alcalina è, in sostanza, una vera e propria bufala da un punto di vista scientifico. Ma come spesso accade la scientificità non attecchisce tra il pubblico e la messe di informazioni scorrette, non verificate e non avallate da alcuna istituzione seria disponibili in vari mezzi di informazione non fa altro che reiterare una vessata questio. Di Grazia conclude con una frase che comunque deve farci riflettere: «Se da un lato cerco di spiegare quello che non tutti i pazienti possono comprendere dalle parole del medico, dall’altro imparo quello che i medici sembrano non comprendere dei pazienti». E forse la chiave di volta sta proprio qui: ascoltare e avere la pazienza di spiegare.