I nuovi, rivoluzionari farmaci antivirali eradicano il virus nel 95% dei casi, ma sono ancora troppo costosi e mancherebbe il personale per curare subito e contemporaneamente tutti i malati. L’appello degli specialisti: scaglionare nel tempo l’accesso alle cure
MILANO – Epatite C, la rivoluzione è in atto. Le nuove cure ad “azione antivirale diretta” offrono possibilità di guarigione superiori al 95%. In Italia, i pazienti con HCV che dovrebbero essere curati con questi nuovi farmaci sono tanti: circa 180mila, secondo una stima dell’Epac Onlus. Un ciclo completo di terapia dura 2-3 mesi e costa circa 15mila euro. Così mancano i soldi per curare tutti assieme. Ma non solo. Anche se ci fosse il denaro, mancherebbero le strutture e il numero di medici specializzati necessari per curare e assistere tutti i pazienti assieme. Ecco perché “trattare i pazienti nel tempo”, cioè scaglionandoli per urgenza, è la parola d’ordine degli esperti a più di un anno dalla disponibilità delle nuove terapie antivirali nel nostro Paese.
A oggi in Italia sono stati curati con i nuovi farmaci 32.512 pazienti, scelti sulla base di 7 criteri di priorizzazione stabiliti dall’Aifa, che hanno dato precedenza ai pazienti più gravi.
“La risposta sulla completa guarigione virologica è ottima – afferma Massimo Colombo, direttore del dipartimento di Medicina Specialistica e dei Trapianti d’Organo, Ospedale Maggiore, Università degli Studi di Milano -. Anche i dati più recenti che arrivano dagli USA riferiscono un’efficacia addirittura del 97% nei pazienti con cirrosi, dimostrando che gli iniziali fallimenti terapeutici sono stati riassorbiti dopo aver accumulato un’adeguata esperienza clinica. Inoltre, le attuali terapie orali dell’epatite C possono ‘ri-compensare’ il paziente, inducendo, in alcuni casi, un miglioramento clinico tale da escludere la necessità di un trapianto di fegato”. “L’epatite C – precisa il professor Colombo – è l’unica malattia cronica infettiva che può essere ‘guarita definitivamente’ con cure farmacologiche, a differenza di altre infezioni come epatite B, HIV, herpes, tubercolosi, che possono essere soppresse, ma non eradicate”.
“I nuovi farmaci permettono di eradicare il virus anche nei pazienti che hanno già subito un trapianto d’organo – sottolinea Stefano Fagiuoli, direttore Unità complessa di Gastroenterologia, Epatologia e Trapiantologia ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo -, precedentemente tutti si riinfettavano dopo il trapianto e il 30% di loro era colpito da una recidiva che poteva portare addirittura alla perdita dell’organo”.
La strategia per curare tutti
“Ora però, che siamo in procinto di uscire dalla prima fase di urgenza – continua il professor Fagiuoli -, dobbiamo prepararci a riprogrammare l’accesso alle cure e stabilire altri parametri, riproducibili ed etici, per fronteggiare il gran numero di malati. La possibilità di ‘differire’, ossia ritardare l’inizio della terapia (informed deferral) potrebbe essere la strategia vincente per garantire un accesso graduale alle cure, trattando comunque i pazienti prima che sviluppino un quadro clinico grave. Pertanto, oggi il paziente dovrebbe essere valutato sia in base al rischio clinico specifico per epatite C, sia in funzione delle comorbidità, di obesità, ipertensione, diabete, sia in funzione del profilo psicologico e sociale che ci permette di capire se il malato è in grado di attendere un inizio rinviato della terapia”.
Finora i pazienti sono stati trattati in base alla gravità della malattia, in futuro poter curare anche i giovani con malattia epatica iniziale, potrebbe portare a grandi risparmi nella spesa sanitaria nazionale grazie al conseguente calo del numero di malati cronici e alla minore richiesta di trapianti di fegato. Per ridurre ulteriormente il numero dei malati sul territorio, sarebbe inoltre importante prestare maggiore attenzione alla cura delle categorie con un’alta probabilità di trasmettere il virus alla popolazione sana, come i tossicodipendenti (che trasmettono la malattia per via venosa) e le persone in regime di detenzione, che attualmente solo colpite per il 32% da epatite C.
La promessa degli scienziati
Entro il 2030 l’Europa potrebbe avere completamente cancellato l’epatite C. Lo afferma il Manifesto per l’eliminazione di quest’infezione, nato in seno all’International Liver Congress, il congresso sulle malattie del fegato, svoltosi a Barcellona. Presto potremo guarire anche il 5% di malati che hanno sviluppato ceppi resistenti – spiega il professor Fagiuoli – con strategie basate su nuove combinazioni di farmaci.