Cervello: una lotta contro il tempo

“Il tempo è cervello”: questo lo slogan della VI edizione della Settimana Mondiale del Cervello, promossa in Italia dalla Società Italiana di Neurologia (SIN) dal 14 al 20 marzo. Obiettivo: sottolineare l’importanza di una diagnosi precoce e un intervento tempestivo nelle malattie neurologiche per limitare i danni. Il dettaglio delle iniziative è consultabile su www.neuro.it

MILANO – Il fattore tempo influenza sensibilmente l’evoluzione e l’esito delle malattie del sistema nervoso, in particolare di quelle del cervello. Spesso ciò non è riconosciuto perché si pensa che tale danno si realizzi molto rapidamente e sia non trattabile.
“Tale convinzione è del tutto infondata perché un intervento tempestivo e qualificato è in grado di ridurre sensibilmente le conseguenze individuali e sociali del danno cerebrale”, afferma il professor Leandro Provinciali, Presidente SIN e Direttore della Clinica Neurologica e del Dipartimento di Scienze Neurologiche degli Ospedali Riuniti di Ancona. “Il fattore tempo condiziona non soltanto l’intervento urgente, ad esempio in caso di ictus, ma anche altre situazioni in cui l’esordio dei sintomi avviene in maniera subdola o progressiva, quali la malattia di Alzheimer, il morbo di Parkinson e la sclerosi multipla”. Sul fronte degli approcci terapeutici “può essere attuato un intervento specialistico per prevenire le complicanze o un’evoluzione rapidamente peggiorativa” sottolinea.
Per fare una corretta e precoce diagnosi occorre conoscere il funzionamento del sistema nervoso e quali sintomi compaiono in caso di alterazioni patologiche.
“Il neurologo, con il miglioramento delle tecniche diagnostiche e la maggiore disponibilità di terapie innovative, è in grado di affrontare e controllare, nella maggior parte dei casi, le più rilevanti malattie del sistema nervoso e del cervello” sostiene il professor Gianluigi Mancardi, Direttore della Clinica Neurologica dell’Università di Genova.

Ictus
L’ictus cerebrale rappresenta un rilevante problema di salute pubblica: è la prima causa di disabilità, la seconda di demenza e la terza di morte nel mondo industrializzato. In Italia sono circa 200.000 i nuovi casi ogni anno (80% ischemici) e circa 1.000.000 di persone vivono con esiti invalidanti della malattia.
“La cabina di regia per la gestione del paziente con ictus acuto è la Stroke Unit” sostiene il professor Elio Agostoni, Direttore della Struttura Complessa Neurologia e Stroke Unit del Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano. “Oggi la migliore terapia per l’ictus ischemico in fase acuta è la trombolisi sistemica (entro 4 ore e mezza), che consiste nel somministrare un farmaco capace di disostruire l’arteria cerebrale occlusa”. Un drastico cambiamento recente è stato l’utilizzo di device meccanici per via endovascolare”. “Queste opportunità terapeutiche consentono di ridurre sensibilmente mortalità e disabilità. L’efficacia della terapia dipende dal tempo e si basa sul concetto di ‘ritardo evitabile’ che si fonda sull’efficienza organizzativa”, conclude.

Malattia di Alzheimer
La malattia di Alzheimer è la più comune forma di demenza (circa 60%): più di 600.000 le persone colpite in Italia, circa 25 milioni nel mondo (stime indicano che nel 2050 saranno oltre 100 milioni). Si manifesta clinicamente con iniziali disturbi di memoria, cui si associano nel tempo disturbi del linguaggio, dell’orientamento, delle capacità di ragionamento, critica e giudizio, con perdita progressiva dell’autonomia. Con il termine demenza si intende proprio la perdita di autonomia, mentre per descrivere i disturbi iniziali di memoria si parla disturbo cognitivo lieve (MCI).
“La ricerca ha dimostrato che alla base della malattia vi è l’accumulo nel cervello della beta-amiloide, proteina che distrugge le cellule nervose. Oggi è possibile dimostrare tale accumulo nel cervello mediante la Tomografia a emissione di positroni (PET) e analizzarne i livelli nel liquido cerebro-spinale, mediante una puntura lombare” spiega il professor Carlo Ferrarese, Direttore Scientifico del Centro di Neuroscienze dell’Università di Milano Bicocca e Direttore della Clinica Neurologica all’Ospedale San Gerardo di Monza. “Attualmente sono disponibili solo farmaci che incidono sui sintomi, ecco perché riveste un ruolo cruciale la diagnosi precoce di declino cognitivo lieve, quando le nuove strategie terapeutiche sperimentali possono essere efficaci”.

Malattia di Parkinson

La malattia di Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa: si stima che in Italia siano circa 250.000 le persone colpite; esordisce più frequentemente tra i 60 e i 70 anni e la sua incidenza aumenta con l’età, ma nel 10-15% dei casi può avere un esordio precoce (prima dei 50 anni). I sintomi motori sono bradicinesia, rigidità e tremore a riposo, dovuti principalmente alla degenerazione di una regione del cervello denominata substantia nigra, dove sono localizzati neuroni che producono la dopamina, un neurotrasmettitore fondamentale per la corretta esecuzione del movimento.
“Una delle scoperte più interessanti degli ultimi anni è la dimostrazione che il processo neurodegenerativo inizia molti anni prima della comparsa dei sintomi motori. Esse hanno una notevole rilevanza perché se si riuscirà a individuare i soggetti a rischio di sviluppare la malattia si potrà intervenire precocemente con farmaci neuroprotettivi” illustra il professor Leonardo Lopiano, Direttore della Struttura Complessa Neurologia dell’AOU Città della Salute e della Scienza di Torino. “La diagnosi – conclude – deve basarsi su un concetto di probabilità: in futuro verranno elaborati algoritmi di probabilità per individuare i soggetti a rischio sui quali intervenire precocemente” .